The world may be known Without leaving the house;
The Sky may be seen Apart from the windows.
The further you go, The less you will know.

Monday, December 06, 2010

Die Fremde

'
Acar (Serhard Can) hat eine böse Vorahnung

Il film lo ho visto questo pomeriggio, proiettato in condizioni un po' di fortuna presso la Sala Conferenze del Parlamento Europeo - Ufficio di Milano, insieme ad altre cinque o sei spettatrici.

Die Fremde, per essere davvero succinti, racconta la storia di Umay (Sibel Kekilli), una ragazza turco-tedesca che decide con grande coraggio, dopo aver subito l'ennesima violenza, di lasciare Istanbul e suo marito Kemal (interpretato dal bel Ufuk Bayraktar) che incarna il peggio del maschilismo mediterraneo. Umay non scappa sola, porta con se Cem, loro figlio, e torna a Berlino dalla propria famiglia di origine. Qui i problemi anziché finire cominciano. Lei che ha abbandonato suo marito, che gli ha portato via il figlio, che vuole riprendere a studiare, che non si è voluta sottomettere "alla mano che ti picchia, ma che anche ti carezza", lei è una puttana e porta disonore all'intera famiglia: a suo padre, a sua madre, ai suoi fratelli e a sua sorella. Quest'ultima vede il suo fidanzamento sciogliersi proprio a causa del comportamento di sua sorella maggiore. Nonostante tutto Umay non si perde d'animo e continua a lottare, sola, perché costretta ad allontanarsi proprio dalla casa paterna dove pensava, in fondo, di poter trovare rifugio. Umay desidera farsi una propria vita pur non volendo dimenticare le sue radici turche, ed è qui che la situazione si fa senza via d'uscita.

Emozioni e tensione sono mantenute alte durante tutto il film, diretto dall'esordiente austriaca Feo Aladag; gli attori tutti eccellenti, i dialoghi che passano dal turco al tedesco e viceversa non fanno altro che sottolineare la lotta interiore di ciascuno dei protagonisti che si riconosce nella propria comunità, nelle proprie origini e tradizioni e al tempo stesso si identifica anche con i valori di un mondo, quello tedesco e occidentale, dove l'individuo vuole contare di più della comunità alla quale appartiene, alla comunità che lo "contiene" ma non ne nega l'esistenza.
'

Sunday, December 05, 2010

Un evento piccolo, piccolo...

'
Domani il Museo del 900 aprirà le sue porte alla città, dopo un'attesa durata dieci anni da quando l'allora assessore alla cultura, Salvatore Carrubba, indisse il concorso per la ristrutturazione dell'Arengario.

Milano, secondo gli articoli che ho letto, diventa centro dell'arte e presenta niente poco di meno che al mondo il suo nuovo importante spazio espositivo. Un museo, un semplice piccolo museo, (come in altre medie e piccole città d'Europa, inutile parlare del mondo, ce ne sono a decine: Lione, Valencia, Rotterdam, Aachen...), imbambolerà per qualche mese i provinciali frequentatori di Piazza del Duomo e sarà sicuramente uno dei core element della prossima campagna elettorale dell'attuale prima cittadina.

Il museo lo ho visitato due giorni fa, in un preview del preview (Milano, negli artigli del fashion system, ama creare eventi che escludono...). Le collezioni (circa 350 opere fra cui dei Morandi, Melotti, Fontana, Marini, Sironi, Campigli, De Pisis per citare i più noti) sono sicuramente valorizzate dalla sobrietà e dall'eleganza degli spazi. Grazie al cielo i due architetti, Italo Rota e Fabio Fornasari, non hanno voluto stupire nessuno con effetti speciali. Vero è che il contenitore c'era già: l'Arengario del Portaluppi e un'ala di Palazzo Reale li hanno costretti all'interno di limiti immodificabili. Uniche bizzarrie: una rampa elicoidale tutta vetri, per accedere alla libreria e al ristorante, o meglio al bookshop e al restaurant, che fa tanto Guggenheim dei poveri e un ponte coperto, che più che altro è una passerrella che collega il "nuovo" al "vecchio". Il soffitto e il neon di Fontana a me non dicono nulla, ma sono pur sempre arte... Le cifre: 8000 metri quadrati circa di spazi, di cui circa 4500 espositivi, 28 milioni di euro spesi, del 1901-2 il Pellizza da Volpedo che la fa da padrone ora in una nicchia nera e sotto vetro, del 1968 più o meno il periodo delle ultime opere esposte.

La verità è che da quasi un secolo a Milano non si inaugurava un museo ma questo non lo ho letto in nessuno dei recenti articoli. 

Vi lascio a meditare su questa suggestiva foto, quando ancora la cosiddetta “manica lunga” di Palazzo Reale non era stata demolita per lasciare posto all'Arengario e quando ancora dell'orribile Piazza Armando Diaz non si era neanche sentito parlare.
'
'

Saturday, November 27, 2010

Il colore rosso...


A Milano oggi la rossa "dura e pura" si aggira un po' timidamente fra biblioteche rionali, mercatini dell'usato e locali underground. Ha come minimo fra i quarantacinque e i cinquant'anni, un po' di aria del '68 o dei mitici settanta l'ha pur respirata in prima persona. Predilige assolutamente il nero per i suoi capi di abbigliamento. Scarpe vecchie dall'aria sudicia, pantacalze spessi e minigonne sintetiche, maglie di lanaccia che fa tanti pallini, e cappottoni usati in inverno. D'estate gonnelloni neri a palle colorate, o strane vestine prendisole  che stonano molto sul suo corpo bianco e spesso rinsecchito, immancabile il  sandalo ai piedi. La sigaretta, se fosse possibile, sarebbe perennemente in bocca, accesa, una consolazione per lei sempre in lotta contro qualcuno o qualcosa. I capelli, lavati forse una volta a settimana, sono ispidi, spesso tinti di rosso o arancio, per dare quel tocco selvaggio. Sulla sua scrivania una tazzotta per il caffè, che riempie spesso e, anche questa, forse lava una sola volta a settimana. Di norma gode di un impiego pubblico, perché è profondamente statalista, pro-meritocrazia certo ma anche a favore del posto fisso garantito a tutti: in comune, in regione, alle poste, presso qualche ente dall'acronimo strano e dimenticato da tutti ma sempre in piedi, nonostante le varie crisi e i tagli alla spesa pubblica. Alle spalle un'adolescenza tosta, vissuta kon kompagni e kompagne, fra kapannoni okkupati, kolazioni brioche e ciokkolata ("perché ce la siamo meritata"), vini toskani e salamini bresciani. Il background è nordico, di norma le spalle voltate a una famiglia d'origine più che benestante, a genitori liberi professionisti di successo, a fratelli pluri-laureati che avrebbero potuto guidarla verso un futuro radioso. Lei ha detto no a tutto ciò, perché aveva degli alt(r)i ideali. Oggi ha anche qualche figlio e qualche matrimonio guasto lasciato indietro. A volte non si è data neanche pena di divorziare, abbandonato il marito è passata di compagno in compagno. Non tantissimi sia chiaro. Non è raro che si scelga ragazzi più giovani di lei, anche di una decina d'anni, li cerca così: meridionali, leoni e grossi manzi sotto le lenzuola, pecorelle tutto fare fuori dalla camera da letto. Nel tempo libero ama leggere, spesso rileggere vecchi testi sacri, classici del femminismo tipo Corpo a corpo: una cultura per la sopravvivenza, della mitica Natalia Aspesi. La sua parlata sarà sempre infarcita da cioè, lo capisci no, minchia, ma io a quello lo faccio fuori, me la pagheranno, anche questa, rivoluzione e così via...  Lo  nasconde bene, ma chi la conosce a fondo, sa che è misogina, omofoba e maschilista, fa parte del suo sostrato di sinistroide radicale, nonostante le manifestazioni contro la violenza sulle donne e i suoi amici gay. Non ha nulla contro chi viene dal sud, ma dentro di lei, loro, non sono altro che terroni. Non fa volontariato, non regala niente a nessuno lei, men che meno la sua manodopera. Predilige costose vacanze finto alternative in Asia o America Latina che le diano l'impressione di aver fatto la cooperante per la giusta causa delle sue sorelle in Nepal o Nicaragua che sia. Dice sempre che prima o poi mette la testa a posto, smette di fumare e comincia a fare una vita più salubre, più esercizio fisico, passeggiate in montagna, meno caffè, meno patatine, meno schifezze. Resta però sempre lì, un po' paralizzata.   
'

Thursday, November 25, 2010

Pensavo di andare sul sicuro...

'
copyright RCS Periodici Spa 2010
'
...visitando la mostra Moda: Sostantivo maschile

L'idea è quella di documentare -nelle quattro sezioni: Formal, Easywear, Fashion e People- l'evoluzione del costume maschile attraverso una selezione di immagini pubblicate negli ultimi dieci anni dai periodici Io Donna, Style e Max, (RCS Media Group). Lo spazio: Spazio A - Ex Ansaldo. L'allestimento: più cheap non si poteva. Le foto: stampate su cartoncini di dimensioni assai ridotte e esibite, udite udite!, dentro a degli scatoloni aperti. Il concetto dovrebbe essere quello di un percorso di immagini/ricordi all'interno di un magazzino, e sicuramente l'impressione è quella di trovarsi in un luogo abbandonato.

Alla serata dell'evento inaugurale ci sarà stato anche tanto stile e champagne, ma l'impressione che ho avuto io, ieri, era poco cool e molto cess... Il riflesso un po' in generale della Milano di oggi.

La mostra in realtà serve a promuovere RCS verso i suoi utenti pubblicitari. 

E non potevate dircelo subito? 
'

Monday, November 22, 2010

Non ti puoi sbagliare...

'
La milanese su, alto-borghese, dal cognome e dall’indirizzo giusti, quarant'anni più o meno, la riconosci subito. Non si veste, si copre. Di panni. D’estate predilige il cotone e il lino dai colori tenui e “eco”, le forme morbide. D’inverno si coprirà di stole di lane pregiate, alpaca e mohair, dai colori pastello, uno strato sull’altro, si terrà calda avendo l’aria di non essere troppo bardata o sgraziatamente infagottata. (Golfini e cardiganini in cachemire e merino, ormai troppo a buon mercato, sono lasciati in beneficenza). Le scarpe sempre comode, non più le Clarks forse le Camper. Il make-up è leggero, giusto un’ombra, le tonalità sempre tenui e naturali. Non tingerà mai i capelli, e non sarà una tragedia l’arrivo dei primi bianchi, li sopporterà in silenzio come vide fare a sua madre. Il suo passo non è mai affrettato anche quando è di corsa, in ritardo per qualche appuntamento: dal ginecologo di fiducia o alla scuola del più piccolo, la steineriana, “dove si è così malviste se si arriva in ritardo…”, pazienza –lei è una donna libera e indipendente, pur sempre piena di impegni– che queste maestrine pratichino un po’ di quella tolleranza che tanto pretendono insegnare! Alla sua tavola tutto è fresco e rigorosamente bio, manco a dirlo, a volte si cimenta con l’etnico che fa sempre un po’ "di sinistra", che di questi tempi non guasta mai. Le spezie ricercatissime: buccia d’arancia, cardamomo, cumino bianco, curcuma... Quando è costretta a lavorare lo fa più che altro per potersi finanziare i cd e qualche libro consigliato da qualche amica, più spesso da qualche amico gay, che compra da Rizzoli in Galleria e poi distrattamente abbandona su un tavolino in soggiorno. Lavora nelle relazioni pubbliche, nella comunicazione, nell’arte, nella cultura, insomma non si sporca propriamente le mani. Nel tempo libero oltre a frequentare parchi e giardini, andare a mostre, spettacoli e concerti (ottenendo sempre i biglietti gratis), dedicherà parte delle sue energie almeno ad una attività di volontariato, a un comitato di quartiere, a un presidio contro le misure comunali anti-accattonaggio (tanto di barboni nella sua zona fortunatamente non ce ne sono). Non alza mai la voce, è abituata a ottenere ciò che vuole senza sforzi e senza doversi ripetere. Se proprio deve però, subdolamente non esiterà a manipolare l’interlocutore, per raggiungere il suo obiettivo. È ostinata e irremovibile. Quando le va male, ti tiene il broncio, indefinitamente. Lasciamole credere di essere sempre nel giusto. Tanto non cambia. È così da generazioni.
'

Saturday, November 06, 2010

Giochi di poltrone...

'
Sala Giunta, Palazzo Marino, Sede del Comune di Milano dal 1861.
'
Non ho mai amato molto Milano: la mia città, città in cui sono nato, in cui fino alle scuole superiori ho studiato, in cui lavoro da più di vent'anni, in cui ho vissuto quasi ininterrottamente e da cui, durante lunghi anni, desideravo andarmene. 

E' opinione condivisa e condivisibile che poco rende questa città amabile ai più, sopratutto a quelli che ci devono sopravvivere barcamenandosi fra asilo pubblico, lavoro e supermercati discount, ma ultimamente anche i ceti più abbienti la trovano poco accogliente. Ogni fine settimana, loro che possono permetterselo,  scappano altrove e abbandonano la città che dal lunedì al venerdì sfruttano per fare soldi, e già prima che sia sabato ne diventano però allergici... 

Milano, mentre crescevo, era il feudo di un politico corrotto, condannato in via definitiva e poi, per propria scelta, latitante secondo l’articolo 296 del Codice di Procedura Penale. Ricordiamolo esplicitamente: Bettino Craxi morì condannato “volontariamente sottratto alla custodia cautelare, agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio, all’obbligo di dimora o ad un ordine con cui si dispone la carcerazione”. A quell'epoca la "Milano da Bere" i politici soprattutto se la magnavano...

Poi c'è stato l'avvento della cosiddetta Seconda Repubblica ("mignottocratica" d'Italia) e nulla è cambiato. E' sotto gli occhi di tutti: Milano si è trasformata in feudo di sarte, bottegai, palazzinari e puttanieri. Trote e soubrette (per usare un eufemismo) sono oggi elette in consiglio regionale. La città è divenuta uno scatolone, una location per convention, buona per venirci a fare le compere e gli affari, una città quasi sempre spenta sebbene per assurdo ricca di molte iniziative ma priva di unità, priva di una visione armonica. Se qualcosa si fa, ognuno (enti varii, associazioni, comitati di quartiere etc.) la fa per conto suo, lo scopo: il proprio tornaconto, sia esso economico o di immagine. La Milano degli anni cinquanta e sessanta che alcuni ancora raccontano è relegata sempre più ai soli ricordi di pochi.

Forse fra qualche mese l'era della destra a Milano si concluderà, a sinistra i compari e le compagne di piddì e affini sono tutti agitati e eccitati: domenica 14 novembre ci saranno le "Primarie", e nell'aria si fa sempre più solida (solo nell'aria però) la speranza che la città motore d'Italia, la capitale morale, torni ad essere guidata da uno dei loro capetti

Pisapia ci informa: «Se sarò candidato sindaco, e non dovessi vincere il confronto, garantisco che resterò per cinque anni in aula consiliare, a lavorare per la città e continuerò a costruire l'alternativa e ad alimentare l'entusiasmo che lo spirito delle primarie ha finalmente riportato in città». Questa frase la terrò bene a mente. Invece, in caso di sconfitta alle urne, Boeri si abbasserebbe a fare il semplice consigliere comunale o mollerebbe dopo pochi mesi come l’ex prefetto Bruno Ferrante che scappò  da Palazzo Marino per andare a fare il consulente del costruttore Salvatore Ligresti? I due, Boeri e Ligresti, già  si conoscono bene. Insieme hanno realizzato sia il progetto Porta Nuova Garibaldi che il Centro europeo per la ricerca biomedica promosso da Umberto Veronesi. Il passo dalla cultura del fare a quella dell’affare in fondo è abbastanza corto. Altro esempio.

Giochi di poltrone, intrighi, trame da retrobottega ce ne sono stati sin qui, a destra come a sinistra, e ce ne saranno ancora per i prossimi mesi, molte lavandaie sono al lavoro. L'unica speranza è che qualcosa di inaspettato, di non calcolato arrivi a sparigliare le carte. Cosa? Che vinca un candidato onesto, che dal basso individui pensanti si risveglino e abbiano voglia di impegnarsi.
'

Sunday, October 17, 2010

Pensieri sparsi e scribacchiati...


Twilight in Cairo, October 14th 2010 (c) DDM
''
Le strade di Zamalek all'imbrunire si fanno piu' buie che nel resto della citta', per via dei grandi alberi, polverosi e assetati, dalle foglie dure e larghe. Altrove, al tramonto, tutto il Cairo si colora d'arancio, i campanili delle tante chiese e i loro cugini, ma'aazen, i minareti, proiettano ombre lunghissime. Metallici, per via degli altoparlanti, si diffondono gli inviti ad improbabili preghiere della sera. L'involontario promeneur solitaire avrebbe di che lasciarsi sedurre, ma la giornata e' stata dura, il traffico sempre consistente, le polveri perenni della sabbia mischiate a quelle dei combustibili, la lotta per arrrivare a fine giornata non indifferente.

Tutti sono stanchi. Il momento del riposo e' ancora lontano pero'. Ci sono le faccende domestiche da sbrigare per chi e' donna, madre e moglie, le faccende sociali per chi e' uomo e deve guadagnarsi oltre che da vivere, rispetto e considerazione. Non puo' egli scomparire la notte e farsi accogliere dalla quiete domestica. Lo attendono chiacchiere e caffe', tabacco e badgamon, l'egiziano maschio medio si abbrutisce per affermarsi...

Gli expats dopo un'altra giornata all'insegna della noia si rifugiano in uno dei tanti locali o ristoranti alla moda, dai prezzi proibitivi cosi' da non avere l'imbarazzo di effettuare una selezione all'ingresso. Qui l'affermato uomo d'affari egiziano portera' la sua maitresse, sicuro di non incontrare indiscreti compaesani. Non appena pagato il salatissimo conto, tanto per dire al Taboula, noto ristorante libanese a Garden City, lei esageratamente truccata, profumata e abbondantemente sovrappeso, gli schiocchera' un sonoro bacio sulla guancia e sorridera', felice anche dei costosi regalini ricevuti per la serata, ancora in bella mostra sul loro tavolo.

Il ronzio instancabile dei condizionatori non cessera' neppure questa notte, rendendola piu' calda e piu' umida di quanto gia' non le consacrino gli eccezionali 35 gradi per questa stagione, per questa estate che neppure qui vuole finire.

E' difficile pensare in questa citta'.
'

Tuesday, October 12, 2010

DELAYED.

'
Milan Malpensa Airport, October 11th 2010, (C) DDM

Egypt Air, Flight MS 2704. Expected Departure: 1.55am

Dopo un arrivo un po' rocambolesco, il ritardo aereo e' stato pero' recuperato... un autobus cella frigorifero della West Delta, mi trasla dall'aeroporto del Cairo ad Alessandria d'Egitto, con temperature che oscillano fra i tredici e i diciassette gradi... Come pesce congelato siamo giunti nella decadente citta' di Cavafis....

Kom El Dik, nel pomeriggio, mi ha riservato la sorpresa piu' bella. Avevo visitato questo quartiere centrale della citta' nel 2006 (accompagnato dal fratello di un caro amico che allora stava a Milano e ci aveva tenuto che girassi per la sua citta' accompagnato da una persona fidata), allora pero' non ebbi l'accortezza di segnarmi il nome della zona o indicazioni precise su come tornarci, e infatti pur rivistando Alessandria varie volte, non ero piu' riuscito a localizzare la zona. Il giorno prima di partire, ero ancora a casa, un pensiero ce lo feci: ''Chissa' se riuscissi a tornare in quel posto cosi' antico e cosi' vivo''. Accontentato! Con lo scopo di riambientarmi, a zonzo per la citta', ci rifinisco per caso, nella memoria avevo localizzato il luogo in tutt'altra parte della citta' ed per questo che i miei precedenti tentativi erano falliti. Scavi archeologici a partire dagli anni cinquanta del Novecento rinvennero un teatro romano e i resti di terme risalenti al III secolo d.c.

A Kom El Dik io ho "rinvenuto" Wael e Amru. Oltre ad essere entrambi gentili e dolcissimi, Amru e' anche bello da favola. Fa il manovale presso il porto di Alessandria. Nella sua semplicita' Amru e' molto elegante, definirei i suoi modi morbidi, dolci e allo stesso tempo i muscoli delle sue braccia, le sue mani grandi e ferme, lasciano trasparire la forza fisica che e' in lui. Con il cuore in mano e un sorriso binachissimo mi ha detto (in arabo, di inglese sa solo qualche parola): "Sono felice di averti incontrato". Un'enfasi cosi' bella sulla parola sayid, si vedeva che non e' stata una frase di circostanza. Ma tutto si ferma li'. Perche' io con un manovale ventenne del porto di Alessandria che ci faccio?

La serata finisce con un succo di guava e una cara amica, al City Cafe', al 21 di Salah Salem Street, il cui proprietario e' un vecchio siriano, credo cristiano, noto a tutti come El Cuptaan, il Capitano. Le dico che per il giorno successivo vorrei andare a Rosetta, se piu' o meno mi sa indicare quanto potrei venire a spendere in taxi. Lei chiede al Capitano, lui fa una chiamata. E' il suo autista di fiducia. Nemmeno fossi entrato in un'agenzia viaggi. Tutto e' organizzato. Alle undici e mezza dell'indomani Maximus mi verra' a prelevare davanti all'elegante Consolato d'Italia, sulla Corniche, e da li' via verso l'antica Rachiid senza la cui stele Champollion non sarebbe diventato famoso... Rosetta e' tutta sfasciata, le sue case cadono a pezzi e le strade sono tutte fango. E' il paradiso dei gatti. Il pesce si vende ovunque e ai gatti intraprendenti che salgono sui banchi non viene negato di servirsi per un gustosissimo take away. Si scelgono il bocconcino favorito e saltano giu' soddisfatti, senza che nessuno fra chi vende e chi compra, faccia una piega.

Punto forte della giornata la visita ad una moschea costruita su una striscia di terra su quel ramo del Nilo che da qui entra nel Mediterraneo, ad essa vi si accede unicamente dall'acqua e una volta entrati, guardando fuori, pare di essere su una floating mosque, tanto fu costruita al bordo dell'acqua.

Unico neo: il poliziotto d'alto grado del corpo speciale "per le antichita' e per il turismo" che non solo si e' auto-invitato per un lauto pranzo, a base di pesce e specialita' locali, con me e il mio autista, ma nel congedarsi ha fatto capire che gli era pure dovuta una mancia. Ho finto di cercare nel portafoglio quindi gli ho allungato 10 lire egiziane, niente, poco piu' di un euro, qui riescono a comprarsi un pacchetto di sigarette e un te' alla menta. Deluso ha avuto l'ardire di lamentarsi, dal mio sguardo ha capito che ero pronto anche a prendermele indietro le dieci lire, quindi ha girato i tacchi e se ne e' andato, il grasso fellone dalla pancia piena. Maximus. l'autista ci e' rimasto male peggio di me.

Domani e' un altro giorno, vediamo chi mi chiedera' una mancia non meritata...

Sunday, October 10, 2010

Ready to go...

'
Settembre e ottobre (che per me è già finito) sono stati mesi pieni di cose, soprattutto di lavoro. Lavoro sodo, si potrebbe dire, quello che tanto piace ai milanesi...

Anche quest'estate però, sempre per me, non è ancora finita. Non la voglio far finire, ecco. Forse perché è l'ultima prima dei miei quarant'anni? Sono certo che, a cercarlo, si trova un calendario per il quale è sempre estate, per il quale il 21 settembre conti poco.

So I am ready to go, in a few hours I'll be boarding an airplane, going south...
'
'
L'immagine è puramente indicativa
e (purtroppo) non rappresenta la configurazione reale
dell'autore di questo blog...
'

Wednesday, September 29, 2010

Tanti ne hanno già parlato e male...

'
Di fotogramma in fotogramma, di cliché in cliché, scorrono le Mine Vaganti di Ozpetek, proiezione inaugurale della rassegna cinematografica "Cinema senza barriere" curata dalla Cineteca Italiana presso il Cinema Oberdan a Milano e dedicata alle persone con disabilità sensoriali della vista e dell'udito. "Un titolo scelto non a caso per la rassegna, dal momento che i segreti di famiglia e la difficoltà dei protagonisti del film ad integrarsi nel privato e nella società stimolano lo spettatore ad immedesimarsi nella vicenda" dal quotidiano free press Metro del 28 settembre. Deduciamo quindi: Gay = Diversamente abile. Qui ci sarebbe molto da dire, ma lascio a voi il diletto di rincorrere le idee che questa uguaglianza suscita nelle vostre teste...

Parola per parola condivido l'opinione di Luca Pacilio che chiude così la propria recensione su Gli Spietati: "Ma di luogo comune vive (muore) tutta l’opera di Ozpetek che di stereotipi si ingozza (il cognato napoletano, la zia zitella, la nonna progressista) e che diffonde rassicurazione come un virus, offrendo una visione talmente conciliata del mondo da diventare inquietante."

Non è facendo recitare da cani attori carini che si fanno dei bei film, non è lanciando il sasso e nascondendo la mano che si cambia la mentalità e l'opinione corrente che l'italiano e l'italiana medi hanno circa l'omosessualità.

Non è facendo vedere un gay che dà un bacio sulla bocca a una ragazza che si faranno passi avanti in questo disgraziato paese. Questa storia l'avevamo già vista in "Diverso da chi?" di Umberto Carteni con Luca Argentero (facilmente sovrapponibile a Riccardo Scamarcio). E' mai possibile che al cinema non si possa vedere un gay gay che non si innamora di una ragazza... Non dico che non esistano, ma di sicuro non sono così frequenti come il signor Ferzan ci vuole far credere, o forse li conosce e li frequenta tutti lui. Certo io parlo di gay, non di omosessuali repressi, sposati e non, che fanno le "cose brutte e proibite" di nascosto, che pensano che passerà, che se una ragazza si innamora di loro se la scopano (passatemi il termine) per paura che proprio lei vada in giro a dire che sono froci (passatemi ancora il termine), che sorridono a una battuta omofoba e pensano all'incontro furtivo consumato nel buio di un losco parcheggio di periferia la sera prima, che si fanno rodere dai sensi di colpa per quello che hanno o non hanno consumato...

Il film, pur con tutti i suoi difetti spietatamente evidenziati, si lascia guardare ma resta sempre un non so che di appiccicoso, di caricaturale per quasi tutti i personaggi e soprattutto manca il coraggio di dire qualcosa di vero, coraggio che Ozpetek proprio non ha e forse per questo in tutti i suoi film c'è sempre una voce che invita a "essere se stessi per essere felici" e soprattutto per non avere rimpianti...

Ultimo dettaglio: fra il pubblico molti degli spettatori con disabilità sensoriali, dotati di cuffia con audiocommento, si sono lamentati per la scelta del film che per loro è stato difficile da capire. Credo si riferissero alle scene di flashback un po' sognanti che mostrano la delicata storia d'amore vissuta in gioventù dalla nonna dei protagonisti, costretta a sposare il fratello dell'uomo di cui invece era innamorata, che forse non sono riusciti a cogliere appieno. Prossima rassegna cinematografica: "Cinema e omo-banalità"!

'

Monday, September 27, 2010

Di una certa borghesia...

'
E' da parecchi giorni che volevo scrivere, dei ragazzi (e delle ragazze) della bella borghesia, milanese e non, sino ad oggi non riuscendoci. Il perché, lo intuisco soltanto, forse.

In un recente articolo de Il Giornale, Luca Doninelli, la borghesia milanese la descrive così: "Basta sentire una sola parola, o l'intonazione della voce, basta vedere certe bluse, certi golfini, certe camicie, certe biciclette, certi androni, certi nasi, certe conversazioni in certi caffè, certi scambi di frasi tra madre e figlia (nella borghesia milanese le figlie adolescenti escono a passeggio con la madre, gli abiti sempre intonati); basta insomma un niente e la si riconosce. I suoi rampolli sono avvocati, giudici, architetti importanti, editori, imprenditori di successo, primari ospedalieri. Molti di loro sono spesso abbronzati".

Oggi i figli di questo ceto che si è sviluppato nei maggiori centri urbani, a nord come a sud, sono di norma bei ragazzi e belle ragazze. Fini nei tratti, dalla pelle chiara al massimo dorata, aborriscono la volgarità nel linguaggio, vestono firmato ma non ostentano nulla. Hanno il vespino giusto, il casco giusto, la collanina e il braccialetto comme il faut, la erre leggermente moscia i ragazzi. Le ragazze mai più che un velo di trucco, leggerissimo. E' inutile specificarlo, la linea è perfetta, ventre piatto per i ragazzi e vita snella per le fanciulle. Sono magri in altre parole, i maschi e le femmine.

A Milano i licei saranno il Manzoni, il Volta o il Berchet, i privati Leone XIII o Gonzaga sono scelti dai genitori che tengono ai valori di un'educazione più cattolica. Nel tempo libero questi "esemplari" dell'alta borghesia frequentano fra tanti luoghi i Giardini Pubblici di Porta Venezia, quelli della Guastalla, la "Cozzi". La sera si va solo a feste private, a casa fra amici, dal figlio del console ics o della contessina ipsilon. Mai nei locali pubblici a spendere inutilmente i denari di mamma e papà.

I ragazzi amano farsi le sigarette da sé, sigarettine quasi, tanto sono l’amore e la scrupolosità che ripongono nell’atto di confezionarle perfette. Nel fumarle poi vi è quell'abbandono, quel gusto nel sapere che tutto alla fine andrà bene, e anche se c'è qualcosa che li preoccupa, in quel preciso istante non lasciano che nulla li turbi, che nessuno si intrometta fra loro e il loro piacere. Non vi è in alcun modo l'ansia di chi fuma nervosamente, schiavo di una dipendenza che avido aspira per mantenere costante il livello di nicotina nelle vene.

'
Al mare nell'esporre i loro corpi vi è un'ostentare discreto se così si può dire. Nulla del mettersi in mostra "tamarro", Rimini o Riccione sono lontane anni luce, per loro mai esistite. La gioventù di cui parlo ama godere della propria (relativa) libertà ma lo fa con un certo distacco, senza darlo troppo a vedere. Un po' di palestra sì, gli abiti firmati pure ma sempre all'insegna dell'understatement. Sobrietà e discrezione li contraddistinguono sempre, quasi si vergognino della propria ricchezza, dei vantaggi e della posizione privilegiata da cui presto avranno accesso verso la loro vita da adulti.

A volte mi è capitato di sfiorarlo il loro universo: they are so attractive and sometimes I feel so awkward.
'
Enjoying the dolce far niente by the sea. Photo © DDM
'

Friday, September 17, 2010

Qualunque cosa vi raccontino...

'
'
... la forma è uguale alla sostanza.

[...] la cura della forma data alle proprie cose, alle proprie espressioni è cura di se stessi, e rispetto e considerazione e attenzione per gli altri. La cura della forma è una cosa lunga, un esercizio quotidiano. E’ una ricerca su e dentro di sé, prima di tutto,  ma questa è solo la prima parte, perché poi quella cura la si chiede anche agli altri, e se non la si chiede – spesso per semplice desiderio di quieto vivere – ci si fa comunque attenzione, la si apprezza trovandola e si diventa insofferenti notandone l’assenza; dopo un po’ ci si fa l’abitudine, si fa l’abitudine a essere considerati dei formalisti, degli snob nutriti dai complessi di superiorità, dei pedanti noiosi. [da Squonk]

Di fronte allo sconforto per il pressapochismo, la superficialità, la trascuratezza,  la volgarità, ormai così largamente diffusi nella mignottocrazia italiana, invito tutti e tutte coloro che possono, e vogliono, a resistere, a controbattere con la dolcezza, la cortesia, la premura e il bel modo. Vorrei poter dire con la femminilità, senza dover dare spiegazioni e senza essere frainteso. Perché questo mondo voluto e disegnato dai "maschi" ci ha stancato: antagonismo,  competizione, sfida, scontro... archiviamoli.

I prepotenti, gli arroganti, le sgomitanti non scompariranno certo, possiamo isolarli però, costringierli a ricredersi con l'invincibile arma delle buone maniere, della garbatezza. Con il bel tratto dell'amabilità. Li spiazzeremo.
'

Wednesday, September 08, 2010

5771 عيد مبارك - שנה טובה

'
'
5771 عيد مبارك - שנה טובה

Monday, September 06, 2010

Quasi una cronaca...

'
In treno di ritorno da Ancona verso Milano. Mi capita di dover prendere un Eurostar, quello delle 17.25, anziché l'Intercity delle 16.18 che era già tutto pieno. Penso sia un male, invece sarà un bene.

Non che abbia grandi programmi per la giornata che mi aspetta, che comincio, comunque, prendendomela con molta calma. Mi alzo alle nove meno poco, ma non faccio niente. Scrivo qualcosa. Accendo il cellulare, arriva un messaggio che mi infasidisce. Insolente. Il mittente lo ha spedito alle otto e qualche minuto. Dormivo. Lo cancello immediatamente. Non faccio niente, mi affaccio alla finestra, la vista non è granché, c'è il mare certo, ma gli imbarchi ai traghetti sono proprio lì davanti, nulla di propriamente poetico. La scritta *LOW COST* a tribordo, ancora fastidio. Ancora il cellulare. Hanno cercato di chiamarmi da un consolato il giorno prima, li richiamo, niente di grave, niente di speciale, arriverà una lettera dal Ministero degli Affari del Diwan... tutto nella norma, volevano solo anticiparmelo. Mi preparo un caffè doppio, forse quadruplo, mi preparo ad affrontare una giornata libera, tutta, ma proprio tutta per me. Come non accadeva da un po' di tempo. Farò il turista. Sono di buon umore, nonostante la sera prima alcune cose siano andate storte, o forse sono andate proprio come dovevano andare.

Ci metto un po' per mettermi insieme, il bagno è carino, minuto, il pavimento ha le piastrelline piccolissime a mosaico, blu scurissimo quasi nero, la finestra è grande, spalancata, mi faccio una doccia con vista sul porto, mi rado, m'incremo, preparo la borsa, sarà bell'e pronta alle quattro e mezza questo pomeriggio, quando dovrò correre alla stazione.

Ancona non è una città particolarmente bella, ha un'aria trasandata, ma almeno chi ci abita non è schizzato. Tutt'altro. In più occasioni con grande gentilezza mi vengono fornite indicazioni, anche se io mi perdo apposta, per poter poi chiedere. Colazione sul tardi, come piace a me, raramente prima delle quattordici, al "Rice and Curry", sotto gli archi. Il cibo è buono, prendo un dahl e un vegetable biryani, ma il padrone è più lento di quanto la mia pazienza possa sopportare, e non ne ho poca, abituato come sono ai paesi arabi. Si sono fatte le tre, pomeriggio al Cardeto, dove regna il silenzio e la vista è spettacolare. Leggo.

Il viaggio di rientro in treno riserva una sensazione di pace. Ricorda il viaggiare di una volta, quando in treno facevo piacevoli incontri, nel lungo vagone nessuno schiamazza, non suonano cellulari e non strillano viziati mocciosi. Si può leggere, si può fare un sorriso a chi ci sta di fronte.

E' stata una fuga di due giorni ma mi sono sembrati molti di più, perché cogliere le atmosfere dei luoghi con calma è molto diverso dalla voracità che caratterizza gli incauti e ingordi amanti delle prefabbricate esperienze di viaggio low cost, perché un viaggio non è un atto di consumo.
'
La vista dal Parco del Cardeto ad Ancona
'

Saturday, September 04, 2010

Il femminismo è out, la poesia in.... جمانة حداد بريشاتهم

'
Di lei avevo già sentito parlare a causa della sua controversa rivista che in Libano affronta tematiche scottanti: erotismo, omosessualità, e getta nuova luce sul corpo degli uomini e delle donne. Joumana Haddad, bella, magnetica, ti cattura subito con il suo sguardo fisso, franco, con i suoi occhi nei tuoi occhi, ti lascia senza scampo. E' raro ritrovare ciò in una donna araba, ma lei lo fa senza esitazioni! La sua è una ribellione, una sfida senza compromessi e nessuna metafora, nella vita come nella poesia che scrive. Ho potuto stringerle la mano, salutarla brevemente, e porgerle una domanda durante un colloquio pubblico, ad Ancona, in occasione del Festival Adriatico-Mediterraneo 2010, ancora in corso fino a domani.

Mi è piaciuta subito, come mi è piaciuto quasi tutto quello che ha detto e le poesie che ha recitato in arabo. Nata a Beirut nel 1970, da famiglia cattolica di rito orientale, traduttrice, giornalista, poetessa, è anche fondatrice e editor della rivista trimestrale Jasad-جسد che l'ha ormai resa una piccola star nel mondo arabo progressista e progredito.

Joumana ha le idee chiare e non ha paura a far sentire la sua voce:

"Andare a pregare dovrebbe essere come andare a fare l’amore: un’ affare privato. Si parla sempre di oscenità sessuale, ma perchè nessuno parla di oscenità religiosa? Chi fa l’amore in pubblico viene mandato in prigione: sostengono che sia “un’offesa al pudore pubblico”. Io sogno un mondo laico, non contaminato, dove lo stesso trattamento è riservato a coloro che fanno spettacolo della loro fede religiosa. Eppure, lo confesso, aspetto con grande impazienza il giorno in cui una cantante musulmana danzerà in pubblico con un piccolo Corano appeso tra i seni nudi. Vivrebbe, la sciagurata, 24 ore per raccontarlo. Intanto, io vado a pregare a modo mio. Cioè a fare l’amore. In privato. Molto in privato."

Sulla Barbie con il burka non ha esitazioni: "Questa bambola è un attacco scandaloso e nauseabondo contro la donna. Non ci sono altre parole per descriverlo, uno dei simboli di questa cultura femminile perdente, basata sull’autodisprezzo, l’auto-indulgenza e la mancanza di ambizione. E lo sta dicendo una donna araba non femminista."

Nel corso della serata le sue parole sono equilibrate, traspare sempre l'individuo che è riuscita a diventare, restia a farsi appiccicare etichette che, dice, ci fanno annoiare di noi stessi, rivendica la libertà di essere molteplice, di poter cambiare, di "poter andare a cercare il mondo intero dentro noi stessi. Non una battaglia collettiva, ma l'espressione di una voce individuale che ci aiuti a ritrovare noi stessi e gli altri, che ci insegni ad amare e a soffrire meglio. Perché i giorni in cui non si ha voglia neppure di scendere dal letto ci saranno sempre, per tutti, è normale".   

Il femminismo per lei è caduto in tante trappole, fra cui, per esempio, la sua voglia di far somigliare le donne all'uomo o quella di trasformare l'uomo in un nemico, ma l'uomo può essere e, secondo Joumana, è, se lo vogliamo, un complice della donna.

Le mie parole qui non le rendono giustizia, vi lascio quindi con un invito alla lettura di una sua poesia.

Io sono Lilith la dea delle due notti che torna dall’esilio

Io sono Lilith la dea delle due notti che torna dall’esilio.
Io sono Lilith la donna destino. Nessun maschio ne è sfuggito, nessun maschio ne
vorrebbe sfuggire.

Io sono Lilith che torna dalla cella dell’oblio bianco, leonessa del signore e dea delle due notti. Raccolgo ciò che non può essere raccolto nella mia coppa e lo bevo perchè sono la sacerdotessa e il tempio. Consumo tutte le ebbrezze perchè non si creda che io mi possa dissetare. Mi faccio l’amore e mi riproduco per creare un popolo del mio lignaggio, poi uccido i miei amanti per far posto a quelli che non mi hanno ancora conosciuta.

Dal flauto delle due cosce sale il mio canto
E dalla mia lussuria si aprono i fiumi.
Come non potrebbero esserci maree
Ogni volta che tra le mie labbra verticali brilla un sorriso?

Non sono la ritrosia nè la giumenta facile,
Piuttosto il fremito della prima tentazione.
Non sono la ritrosia nè la giumenta facile,
Piuttosto lo svanimento dell’ultimo rimpianto.

Io sono la leonessa seduttrice e torno per coprire i sottomessi di vergogna
e per regnare sulla terra.
Torno per guarire la costola di Adamo e liberare ogni uomo dalla sua Eva.

Io sono Lilith
E torno dal mio esilio
Per ereditare la morte della madre che ho generato.

Joumana Haddad
da Il ritorno di Lilith - عودة ليليت
(Traduzione di Oriana Capezio)
'

Thursday, September 02, 2010

Issiz Adam - Alone

'
Cemal Hünal in una scena di Issiz Adam - Alone
'
Alper è bello, è sfrontato, è sicuro di sé. Ha successo, ha tante donne (a pagamento), non si fa problemi, non crede in niente. E' un uomo solo. Le strade del centro di Istanbul incorniciano la sua vita, il suo ristorante alla moda e il suo appartamento "superfico".

Alper, trentenne, è il tipico uomo mediterraneo, il tipico maschio latino (in via di estinzione), ama sedurre, soprattutto se stesso, considerata la quantità di scene in cui lo vediamo davanti a uno specchio, sotto una doccia, indossare camice cangianti e magliette attillate. Alper ama e colleziona dischi di musica pop turca anni '70, generoso durante tutto il film ce ne fa ascoltare una magnifica selezione. La vita di Alper ha tutta l'aria di essere piena, appagante, realizzata. Alper ama fare sesso, ma è abituato a dormire solo.

Alper un giorno si invaghisce di Ada (Melis Birkan), incontrata casualmente in una polverosa libreria, libri e dischi, occasioni di seconda mano. Lui cercava una rarità musicale molto vintage, lei, non a caso, una copia usata di Far from the Madding Crowd. Lei, come da copione, restiste alle sue scontatissime avances, inizialmente gli corregge gli errori di sintassi. Lui non desiste, lei lentamente cede. Alper in cucina ha le mani d'oro. Complice una torta di carote e cannella, lei gliela dà.  Lei lo convince. Lui si innamora, poi si spaventa, tronca, netto. A relazione interrotta, Alper che è un uomo vero, si intenerisce, si pente, piange. Non capisce più niente, ma è troppo tardi.

Anche noi spettatori, cui il film è dedicato, piangiamo un po' a fine propiezione, per questa storia d'amore che non finisce bene, che è nostalgica al punto giusto, senza essere mielosa.

Alper è l'uomo mediterraneo nuovo che, alla fine, capisce che non ci sarebbe stato nulla di male a lasciarsi andare, a lasciarsi amare. E piange.

Issiz Adam è una pellicola del 2008 per la regia di Çağan Irmak. Alper è interpretato da Cemal Hünal.
'

Sunday, August 29, 2010

Non si può andare a un safari in minigonna...

'
'
"Los cambios bruscos de temperatura, los mareos o el jet lag pueden ser otros factores que arruinen nuestras vacaciones, por lo que debemos estar informados y preparados para cualquier circunstancia. [...] Es altamente recomendable llevar siempre un botiquín con los medicamentos primordiales portando, a ser posible, el doble de la dosis que necesitemos para el tiempo que vayamos a estar. [...] Viajar ha dejado de ser un privilegio de pocos. Cada año entre 45 y 60 millones de personas parten desde los países occidentales a destinos tropicales, exóticos o tercermundistas. [...] No se puede ir a un safari en minifalda..." Precauciones para viajeros di Beatriz Rojo, © EFE.

Queste le perle di saggezza in un'estate che sembra non finire mai.

Allo stress di un week-end fuori porta, questo fine settimana ho preferito la quiete della mia camera, i suoi colori caldi e il suo look etnico come lo definì una conoscente israeliana.
'

Wednesday, August 25, 2010

Casanegra - كازا نكرا

'
Anas el-Baz e Omar Lotfi in Casanegra di Noureddine Lakhmari
'
Casanegra, in onore e in contrapposizione a Casablanca, la città marocchina, del regista  Noureddine Lakhmari, è un filmetto che si lascia guardare, gli ingredienti ci sono tutti e diversi riconoscimenti non sono mancati da varii Film Festival fra cui il 5° Dubai International Film Festival: "migliore fotografia", "migliore attore" ex-aequo per Omar Lotfi e Anas el-Baz, rispettivamente Adil e Karim (vagamente somigliante al nostro Alessandro Gassman). In realtà attori non proprio professionisti che il regista è andato a stanare proprio dalle strade di Casablanca.

I due protagonisti cercano, come possono di sbarcare il lunario, sigarette di contrabbando, piccoli furti; per uno la speranza di emigrare presto per Malmö, Svezia, per l'altro il sogno di conquistare il cuore di una bella borghese. Finché un giorno arriva il "grande affare" che cambierà la loro vita, che per poco non li farà finire in gattabuia. Di contorno miseria, sporcizia, barboni e ubriaconi della spietata megalopoli, la luce è quasi perennemente giallastra, dai lampioni che di notte illuminano la città; le inquadrature quasi sempre dal basso; la musica, di Richard Horowitch, nostalgico-suadente; la lingua di strada, adderja pura, un insulto per le orecchie di chi racconta che l'arabo è soltanto uno...

Non si tratta di un brutto film, tutt'altro, peccato però che il regista non sembra aver fatto una scelta decisa: denunciare, denuncia, ma in maniera troppo soft; criticare, critica, ma si ha durante tutto il film l'impressione che in fondo non voglia colpire alcuno; l'ingiustizia sociale è rappresentata ma gli stereotipi abbondano: il papà violento-il figlio ribelle, il papà invalido-il figlio responsabile, la borghese divorziata in cerca del giovanotto rampante, il criminale analfabeta-la tenutaria di bordello, il minorato mentale sempre col sorriso sulla bocca e così via. Forse le mani sono state legate a causa del consistente e lodevole sussidio statale alla pellicola?

Per carità, ben venga un film che è stato ritirato dal Festival du film de Marrakech, per non urtare la sensibilità di sua altezza reale, che lo presiede, il principe Moulay Rachid (fratello dell'attuale re del Marocco), stupisce però che il pubblico e la critica occidentale non abbiano preteso qualcosa che andasse un po' oltre le belle faccine dei due attori...

Di gran lunga migliore è a mio avviso un altro omaggio a Casablanca:  WWW-What a Wonderful World, di Faouzi Bensaïdi del 2006, ma di questo parlerò una prossima volta.
' 

Tuesday, August 24, 2010

I ragazzi acqua e sapone...

'
Photo nicksams (c) All rights reserved
'
Così oggi veniamo a sapere che al ragioniere-ministro non piacciono i ragazzi con l'orecchino, una battuta al riguardo: "Non ho nulla contro, ma vedere giovani senza orecchino mi piace molto", da parte di un ministro della repubblica, è sicuramente un po' weird, se non proprio completamente queer!

Il post avrebbe dovuto essere di un solo paragrafo, non fosse che su questo ministro ci sarebbe così tanto da raccontare...
'

Thursday, August 05, 2010

Extra-vergine Fini...

'

'
Sono sedici anni che uno si è accompagnato all'altro e adesso cerca di farci credere di essere extra-vergine, ma si tratta al massimo di olio di sansa rettificato. Con o senza astensioni, un olio è miscelato con l'altro indissolubilmente...
'

Wednesday, August 04, 2010

Non andare via...

'
Cristiano Ronaldo posa per Emporio Armani - Stazione Centrale, Milano - Photo(c) DDM

La necessità di evadere era prepotente, l'immensità del non-ancora-esplorato, l'avventura del viaggio, (se ancora esiste la possibilità di fare  avventure), l'emozione per l'imprevisto esercitavano costanti il loro richiamo... 

Visto che il turismo di massa pare non abbia ancora ucciso il viaggio... e "una semplice passeggiata sul bagnasciuga, perdendosi nel «libero gioco che si crea tra la ragione, l’immaginazione e il mare»" può essere l'inizio di una rivoluzione (Cécile Guérard, Piccola filosofia del mare, citato da Laura Crinò in Filosofie da mettere in valigia, D di Repubblica del 31 luglio)...

Viaggiando constato come il mondo si stia sempre più restringendo, le possibilità di viaggiare davvero, cioè di fare un'esperienza unica si riducono sempre più, e mettersi in moto, in movimento intendo dire, come viaggiatore solitario, è un'impresa sempre più  difficile, una corsa a ostacoli. Anche nelle località più sperdute ormai chi viaggia solo è guardato storto: "perché non è con nessuno?", "perché non viaggia con un mezzo di trasporto privato o noleggiato?", "si muove a piedi?", "questo che cerca?", "spenderà poco perché è solo...", "gli dirò che non ho più camere libere, non mi conviene dare una doppia a un single", "in coppia almeno una bottiglia di vino se la bevono" e così via di pregiudizio indotto in pregiudizio indotto... Nelle località rurali adesso va di moda parlare di turismo sostenibile, a basso impatto, i grandi resort non li vuole più nessuno, neppure nel quarto mondo, però poi se non viaggi in coppia... ti guardano storto lo stesso. Hanno digerito le coppie gay e lesbiche persino nei paesi arabi, ma non tollerano più i viaggiatori solitari...

L'invito a trascorrere qualche giorno lontano dall'afa cittadina, ospite di un'amica, però in un vero e proprio viaggio si è trasformato...

Tutto ha inizio in Stazione Centrale, il porto brutto e trascurato che Milano ha pure in assenza di mare. Da quando sono cominciati i lavori, svariati anni fa ormai, è ancora caos in stazione, nonostante le grandi promesse di Grandi Stazioni in merito a "riqualificazione e recupero funzionale" degli spazi, il viaggiatore deve sapersi districare in un labirinto di violenta e rara bruttura. Cartelloni pubblicitari appesi ovunque, minacciosi e immensi totem roteanti, box, gabbiotti e bugigattoli commerciali di ogni genere spuntano come funghi e, spezzando le prospettive monumentali della stazione, ne stuprano l'originaria maestosità. La segnaletica è per ora del tutto inappropriata e l'unica bellezza, da qualche settimana a questa parte, è la scultorea fisicità di Cristiano Ronaldo che posa quasi nudo per Emporio Armani.

Cercare poi di ottenere un biglietto del treno da uno dei distributori automatici è un'altra avventura: prima di tutto bisogna guardarsi dai malfattori e scippatori che ronzano incessantemente intorno a queste macchinette, poi, trovata quella non irrimediabilmente guasta,  comincia il rebus sul suo modo di operare: darà il resto? sì, ma mai superiore a una certa cifra specificata di caso in caso, accetterà il bancomat? sì, ma solo per biglietti il cui importo supera i cinque euro, la carta di credito? temporaneamente fuori servizio... E prima di partorire il biglietto: hai carta fedeltà? carta famiglia? carta azienda? godi di agevolazioni speciali? vuoi scegliere il vagone? il posto a sedere? vuoi sedere vicino ad un amico che ha già acquistato il biglietto? vuoi partire oggi? domani? un altro giorno? come vuoi pagare? Ricordati di ritirare la tessera! Nessun problema l'abile borseggiatore alle tue spalle ti avrà già rubato il portafoglio mentre eri concentrato a rispondere al quiz di cui sopra... e di poliziotti in giro neanche l'ombra.

Il treno che prendo è un regionale per Bergamo, lo stato scandaloso dei sedili, nonostante l'afa, mi agghiaccia! Definirli malridotti è render loro omaggio. Chiazzati dal più lercio sozzume gridano vendetta ed io che ne cerco uno, in uno stato meno peggiore di altri, sono solo uno schizzinoso. Sconsolatissimo immagino che di pulizia e aria condizionata se ne riparlerà, forse, nel 2015, in occasione dell'Expò e dei suoi ridicolmente pronosticati trenta milioni di visitatori...

Una corriera e poi un'altra ancora della Bergamo Trasporti mi faranno giungere, dopo qualche ora, alla rassicurante meta finale, un piccolo centro montano delle Prealpi Orobie.

Quasi da subito mi assale il sentimento di essere arrivato alla periferia del mondo, un mondo di cui sicuramente è costituita la maggior parte della nostra penisola, tanti sono i comuni e le comunità isolate, fiere dei loro territori e orgogliose di conservare ognuna il proprio santo, le proprie tradizioni e di difendere il loro campanile e lo straccetto di terra davanti alla loro cascina oggi trasformata in quella casina che la prima generazione di eredi ha già suddiviso, da secoli il sangue e le teste di questa gente immutati.

La mia amica ed io diventiamo subito la coppia più chiaccherata del paese dalle beghine della contrada e dai loro mariti, spesso più impiccioni delle mogli: è inutile dire che siamo soltanto amici... Io per loro sono il suo nuovo compagno, mettono persino in guardia la mia amica dicendole "basta che non la prenda in giro...", vi è una certa differenza di età fra me e la mia amica, essendo io più giovane, questo darà da discutere all'intera comunità forse per tutta l'estate. Sono fioccati diversi inviti per un caffè ma li abbiamo ignorati tutti, l'intenzione, neanche poi così nascosta, era solo quella di ficcare il naso nella vita privata dei forestieri...

Quando sono stato in altri piccoli villaggi sperduti della Francia, sui Pirenei, o nelle località più remote di alcune isole della Scozia o nel deserto tunisino, non mi sono mai sentito così fuori da tutto, lontano dalla civiltà come io la intendo. Ho avvertito qualcosa di selvaggio nella ristrettezza mentale di molti degli autoctoni... come si sentissero parte soltanto di quel poco che hanno direttamente visto e conosciuto, del tutto irrilevante per loro è l'esistenza di una realtà territoriale sovra-ordinata. Di Milano o Roma hanno solo sentito parlare, Bergamo o meglio Treviglio e Clusone sono i loro punti di riferimeno sulla carta geografica. E anche se in gennaio, da qualche anno a questa parte, la più notabile fra le beghine della contrada va in Kenya a fare volontariato con le suore missionarie, la sua mente non si è aperta, il suo paradigma rimane sempre quello circoscritto attorno alle quattro case abbarbicate sul lato della collina a lei meglio noto.

Il resto semplicemente non esiste.
'
The lovely view from the studio in my friend's house - Prealpi Orobie, Bergamo, Italy
'