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Di fotogramma in fotogramma, di cliché in cliché, scorrono le Mine Vaganti di Ozpetek, proiezione inaugurale della rassegna cinematografica "Cinema senza barriere" curata dalla Cineteca Italiana presso il Cinema Oberdan a Milano e dedicata alle persone con disabilità sensoriali della vista e dell'udito. "Un titolo scelto non a caso per la rassegna, dal momento che i segreti di famiglia e la difficoltà dei protagonisti del film ad integrarsi nel privato e nella società stimolano lo spettatore ad immedesimarsi nella vicenda" dal quotidiano free press Metro del 28 settembre. Deduciamo quindi: Gay = Diversamente abile. Qui ci sarebbe molto da dire, ma lascio a voi il diletto di rincorrere le idee che questa uguaglianza suscita nelle vostre teste...
Parola per parola condivido l'opinione di Luca Pacilio che chiude così la propria recensione su Gli Spietati: "Ma di luogo comune vive (muore) tutta l’opera di Ozpetek che di stereotipi si ingozza (il cognato napoletano, la zia zitella, la nonna progressista) e che diffonde rassicurazione come un virus, offrendo una visione talmente conciliata del mondo da diventare inquietante."
Non è facendo recitare da cani attori carini che si fanno dei bei film, non è lanciando il sasso e nascondendo la mano che si cambia la mentalità e l'opinione corrente che l'italiano e l'italiana medi hanno circa l'omosessualità.
Non è facendo vedere un gay che dà un bacio sulla bocca a una ragazza che si faranno passi avanti in questo disgraziato paese. Questa storia l'avevamo già vista in "Diverso da chi?" di Umberto Carteni con Luca Argentero (facilmente sovrapponibile a Riccardo Scamarcio). E' mai possibile che al cinema non si possa vedere un gay gay che non si innamora di una ragazza... Non dico che non esistano, ma di sicuro non sono così frequenti come il signor Ferzan ci vuole far credere, o forse li conosce e li frequenta tutti lui. Certo io parlo di gay, non di omosessuali repressi, sposati e non, che fanno le "cose brutte e proibite" di nascosto, che pensano che passerà, che se una ragazza si innamora di loro se la scopano (passatemi il termine) per paura che proprio lei vada in giro a dire che sono froci (passatemi ancora il termine), che sorridono a una battuta omofoba e pensano all'incontro furtivo consumato nel buio di un losco parcheggio di periferia la sera prima, che si fanno rodere dai sensi di colpa per quello che hanno o non hanno consumato...
Il film, pur con tutti i suoi difetti spietatamente evidenziati, si lascia guardare ma resta sempre un non so che di appiccicoso, di caricaturale per quasi tutti i personaggi e soprattutto manca il coraggio di dire qualcosa di vero, coraggio che Ozpetek proprio non ha e forse per questo in tutti i suoi film c'è sempre una voce che invita a "essere se stessi per essere felici" e soprattutto per non avere rimpianti...
Ultimo dettaglio: fra il pubblico molti degli spettatori con disabilità sensoriali, dotati di cuffia con audiocommento, si sono lamentati per la scelta del film che per loro è stato difficile da capire. Credo si riferissero alle scene di flashback un po' sognanti che mostrano la delicata storia d'amore vissuta in gioventù dalla nonna dei protagonisti, costretta a sposare il fratello dell'uomo di cui invece era innamorata, che forse non sono riusciti a cogliere appieno. Prossima rassegna cinematografica: "Cinema e omo-banalità"!
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