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Sulle coppie, etero o gay che siano, sono manifestamente cinico, molto cinico. Al punto che, a volte, quando mi dicono che una coppia si è sfasciata, (soprattutto se di quelle solide, pluridecennali, che nessuno se lo sarebbe immaginato), vorrei mandare ad ognuno/a dei due un bigliettino di congratulazioni per il felice evento.
A me le coppie non piacciono. A me piacciono gli individui, uomini o donne che siano: etero, lesbiche, gay, trans, intersex, queer o mix quello che più vi piace basta che siano individui.
Capita spesso che di fronte a una coppia io mi senta in imbarazzo, perché mi trovo di fronte a un'entità indistinta, composta da due soggetti indifferenziabili, accozzati fra loro, indistricabilmente associati: rivolgendomi a uno, con mio orrore, a volte mi risponde l'altro, sostuituendosi, rubando la parola e l'istante al compagno o compagna. L'ammutolit* a volte mostra una certa insofferenza per l'ingerenza dell'amat*, altre volte invece si dà il caso che ne sia più che felice, è bello avere un compagn* che ti solleva persino dal dovere aprire bocca, che fa proprio tutto per te, che al bisogno ti rimpiazza...
La coppia allora è questo? Mi metto insieme a qualcuno per semplificarmi la vita, al punto anche da perdere all'occorenza la mia identità? A me vengono i brividi, a qualcuno però piace così.
Pasolini definiva il matrimonio «piccolo patto criminale» o «grigio e affrettato rito funebre»...
Partendo dal presupposto che tutti i cittadini e cittadine di una nazione civile debbano assolutamente avere eguali diritti e doveri, a me fa specie il desiderio, l'aspirazione all'uniformazione di certuni e certune (fino a pochi decenni fa erano demonizzati al punto da dover vivere i loro desideri in totale clandestinità) che oggi vorrebbero, nei casi più estremi, sposarsi addirittura in chiesa. Masochismo al quadrato. A mio avviso sono vittime di una vera e propria campagna normalizzatrice perpetrata affinché il potenziale rivoluzionario di cui sono sempre portatori i "diversi" venisse completamente neutralizzato. I "valori" di tutti devono essere standard, se questi tutti li si vuole comodamente controllare, e il miglior metodo per controllare chi è "diverso" è normalizzarlo e assorbirlo, quale miglior cosa quindi se non indurre in gay e lesbiche il desiderio di coppia stabile, istituzionalizzata, che va in vacanza assieme ad altre coppie (i famosi multipli di due delle agenzie viaggio e dei tour operator), che compra la macchina nuova ogni due anni, che festeggia l'anniversario di matrimonio dei suoceri e via discorrendo...? Il mondo è stato ridotto a un grande mercato e in coppia si spende di più!
Why all these rantings you may ask?
Le sequoie... la risposta sono le sequoie di Redwoods, il film che ho avuto la malaugurata idea di andare a vedere ieri sera al Festival Mix del cinema gay lesbico a Milano.
In s-coppia da sette anni, immersi nello scenario dei parchi nazionali californiani, Everett comincia davvero a stancarsi di suo marito Miles, un precisino maniaco-ossessivo. Immezzo a loro c'è un figlio, un ragazzino autistico, nessuno ci dice da dove sia arrivato, sta solo lì immezzo. Poi, mentre Miles e il ragazzino partono per Seattle, non si capisce bene perché, sbuca fuori Chase, un aspirante scrittore, chiede un'indicazione stradale a Everett, il giorno successivo si incontrano in un negozio di antiquariato e il giorno appresso a quello si rotolano fra lenzuola a righe colorate giurandosi amore eterno. L'idilio dura meno di una settimana, Miles e il ragazzino anticiperanno il loro rientro, nonostante i giorni siano contati Everett riesce a: portare a cena Chase dai suoi genitori, fare incredibili passeggiate in montagna, andare a pesca, sguazzare nei laghetti, mangiare cinese dal take away raggomitolati sul divano, leggere le bozze del romanzo di Chase e molto altro... A cena la mamma chiaramente si invaghisce subito del nuovo amico di suo figlio, meno rompiballe e più easygoing del genero ufficiale..., Chase l'aiuterà persino a rigovernare e asciugare le stoviglie, al primo invito a casa! Al rientro del marito l'abbozzo di una fuga verso la libertà, poi il ritorno al dovere e al buon senso per Everett. Cinque anni dopo, lo spettatore ormai esausto, scopre che i due vivono ancora insieme, infelici e scontenti, il bello e tenebroso Chase invece è morto a causa di un tumore fulminante. Il finale è condito dall'apertura di uno scrigno di legno, primi piani al lucchetto e alla chiavina, foto ricordo e l'edizione stampata del romanzo, forse postumo, all'interno.
Se non state ancora dormendo, bevetevelo un buon caffè, da soli o in compagnia, purché sia Latazza... :)
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1 comment:
Che incubo, sembra la versione gaia de I ponti di Madison County ;-)
Marco
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