The world may be known Without leaving the house;
The Sky may be seen Apart from the windows.
The further you go, The less you will know.

Sunday, January 03, 2010

Una domenica fa...

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Un salotto di casa, in una casa della borghesia buona milanese. Media borghesia, non si immagini di più. Anche se le apparenze potrebbero ingannare. Il villino indipendente, primi novecento, il verde che lo circonda, poco, ma pur sempre verde. I balconcini. Il quartiere è tutto "villini priminovecento" e c'è qualcosa che non convince. La zona non è propriamente giusta. Tant'è che prorpio a ridosso sta sorgendo un palazzaccio tutto onde e tutto vetri, esempio di corruzione forse e speculazione edilizia, favorita e voluta dalla pubblica ammistrazione cittadina e regionale. Il quartiere sorse per quelli che già un'epoca fa volevano ma non potevano, e non potendo, il villino dovettero costruirselo ex novo.

Cercando di scoprire le origini di questo quartiere sono incappato in quel che si andava dicendo nei primi decenni del secolo scorso:
"[...] ben poco si è ancora fatto per le classi della piccola e media borghesia, le quali, pure, sentono forse con maggior senso di sofferenza la privazione di un ambiente di vita intima meglio rispondente alle loro aspirazioni, alla loro educazione più raffinata, alla nostalgia di un chez soi più ridente e più sereno, fatta da quotidiani necessarii confronti anche più acuta. Io mi sono proposto di svolgere un'azione in questo senso, particolarmente indirizzandola a profitto della classe dei pubblicisti, letterati, artisti, professionisti e industriali; di coloro, insomma, che da un lavoro spiccatamente intellettuale traggono i mezzi della loro quotidiana esistenza."

Così si posero le basi per la realizzazione del Quartiere a Nord-Est della Nuova Stazione Viaggiatori, "su una vasta area di oltre 120.000 metri quadrati sistemata con signorile larghezza dalla Società Anonima Quartieri Industriali Nord Milano, cessionaria dei terreni ad uso di parco [...] e su cui si stanno gettando le fondamenta di circa cento villini. [...] il primo accenno di uno sviluppo grandioso [...] che rappresenterà nei secoli futuri il grande polmone vivificatore della troppo compressa metropoli lombarda [...]." *

C'è odore di pulito nel salotto buono, di cera appena passata sui mobili. I tappeti sono stati rinfrescati, lavati, profumati. Le librerie ben spolverate. Il parquet tirato a lucido brilla. Tutto è in ordine. Un ordine disumano, freddo. Tutto è fermo, pronto per ricevere. Per mostrare a tutti che tutto va bene. Che si è all'altezza. In sala da pranzo nuove tre candele rosse stanno sul tavolo illuminate dal sole che filtra, della loro luce forse non godremo mai. Sono lì a decorare, a fare atmosfera. Due panettoni di Cova sono esposti in bella mostra, così come svariate bottiglie di vino, appena ricevute in dono probabilmente. Natale è passato da solo due giorni. Il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone e immilla nel quarto le buone cose di pessimo gusto, oddio - gozzano - un corto circuito!

Mi viene in mente più o meno una frase da Family Dancing di David Leavitt che cito a memoria "Never trust clean houses where everything is in order, the very bad things happen there", ma taccio. Sono ospite insieme ad un altro ospite per un brunch domenicale. In questo periodo di crisi i brunch in casa vanno per la maggiore, ci si vede, ci si aggiorna e si fa con quello che si ha. Una spremuta di arancia a testa, una tazzina di caffè rigorosamente, qualche left over del pranzo del 26 dicembre, in fondo è soltanto ieri, del pane tostato e confettura home made. Frutta secca? Non ricordo. Il tutto allestito e servito nel tinello. La nostra ospite è solo la figlia, "questa è casa dei suoi" (parole testuali) e lei - aggiungo io - non ha il permesso per ricevere in sala da pranzo, tanto meno di offrire il caffè sui divani o sulle poltrone del salotto buono, vicino al camino oggi buio e un po' desolato. Non ci viene neppure risparimiato il rito del riordino. Riassettare è imperativo, la lavastoviglie è rotta e pare esserlo da un bel po' di tempo. Si finisce con l'asciugatura del lavello d'alluminio che sennò restano le macchie...

Penso all'ospitalità nei paesi arabi, anche presso la più indigente delle famiglie, allo sforzo di condividere genuinamente il quasi nulla che si ha con ospiti e forestieri. Qui no: siamo a Milano, ricchi, niente per niente e poi si sa la gente su mangia poco e se si deve imitarli tanto vale imitarli anche in questo.

La conversazione. Arte della conversazione? Si è spicci ormai anche in questo presso le terze generazioni. Si parla di lavoro, di soldi, di come si è ottenuta l'ultima raccomandazione per migliorare la propria carriera, di chi è ora la persona giusta da curare se si vuole far arrivare un messaggio al presidente, al ministro, all'ambasciatore di turno. Si scherza su come si è riusciti ad ottenere una targa diplomatica per la propria auto anche se non se ne aveva propriamente diritto, di come poter ottenere quel posto all'unione europea e quell'altro alle nazioni unite. Taglio corto: "Vi supplico cambiamo argomento", è triste vedervi vecchi. Poi chiedo di uscire, facciamo una passeggiata, respiriamo aria fresca. Ritorno felice e amo ancora la mia ospite!

*da Guida ufficiale di Greco milanese, Milano, 1912. Milano, Stab. Tip. dell'Unione cooperativa. p. 143. Nota: La guida è arricchita da una piantina e da alcune fotografie di scorci caratteristici del paese.

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