The world may be known Without leaving the house;
The Sky may be seen Apart from the windows.
The further you go, The less you will know.

Thursday, June 04, 2015

Oh my, oh my...! Hipsterish Milan...

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©photo: Basil Green Pencil
The Boidem a Milano, bistrot evoluto post etnico non ristorante, si autodefinisce con lo slogan "Food - Fashion - TLV" e ti accoglie come fosse la casa di una vecchia nonna o della tua zia zitella che raramente andresti a trovare. Tutto è tremendamente pulito però, i lampadari anni sessanta luccicano e le camicette assortite appese ai racks sanno di pulito e fungono da separé fra un tavolo e l'altro.

Veniamo accolti da un lumberjack a pieno titolo: barbone, camicia a scacchi, jeans sdruciti e fare molto delicato. Dico che ho una prenotazione e faccio seguire il mio nome, mi guarda attonito e attende, finalmente mi fa capire che vuol sapere attraverso quale app., quale sito o quale altro marchingegno io abbia prenotato. Pronuncio le due paroline "mi", "siedo" seguite da "punto" e da "com". Il suo sguardo da interrogativo ora si fa cupo, un secondo dopo ci indica il peggiore dei tavoli a disposizione, in fondo in fondo, di fronte alla cucina e alle toilette. Riesco ad ottenere di sederci quantomeno al secondo tavolo meno peggiore, quello a noi destinato toccherà una mezz'ora dopo a un gruppo di quattro persone più spensierate.

Il menu ci viene presentato su dei fogli A4, fotocopie a colori piegate in tre, ormai laceri e consunti. La carta dei vini è invece un formato A5 scritta a mano e sempre fotocopiata sui toni del marron, non la degniamo di uno sguardo, l'acqua è e sempre sarà the best drink in the world.

Il cameriere-padrone di casa ci avvisa subito: "non abbiamo i mazetim", il mix di antipasti tipico della cucina israelo-greco-turco-siro-medioriental-libano-palestinese. Superiamo la delusione e esaminiamo il resto, purtroppo quasi tutti i primi contengono o uova o melanzane o funghi o pomidoro, pietanze che non mangio e che non mi sono particolarmente gradite, getto un occhio sui dolci, pregustando quella che prevedo sarà l'unica vera soddisfazione del palato.

Scegliamo come primo parsa (polpette di zucchine e porri con funghi e yogurt di capra) e burektim (pasta sfoglia ripiena di delicato formaggio alle erbe) con contorno di hummous e tahina.

Tutto il menu è vegetariano, cucinato amorevolmente, ingredienti di prima scelta, biologici e a kilometro zero, a me è sembrata una cucina molto francese che strizza l'occhio al Proche Orient, come la diplomazia d'Oltralpe di fine ottocento chiamava il Medio Oriente, senza raggiungere vette di rilievo. Di Tel Aviv il sapore c'è ma quello che a me piace meno, quello dei locali molto su di Rothschild Boulevard per intenderci.

L'atmosfera è pur sempre piacevole, per quanto il servizio sia un po' freddo, e il locale molto tranquillo, il dedalo intricato della Milano medievale non si smentisce mai e ci regala un altro indirizzo, per ora almeno, poco noto ai più... Ma a che prezzi: antipasti a sette euro, primi a quattordici, secondi a diciassette, e dolci a otto... 

Arriva il momento del dolce, optiamo per una fetta di halva ingegnosamente farcita quindi congelata e per una fetta di strudel all'albicocca: buona la prima, deludente la seconda.

Tutto sommato non credo che tornerò a The Boidem, troppo stylish, troppo finto, troppo qua si fa tendenza e poi, se permettete, tovaglioli di carta e superfici di nuda formica, bicchieroni di vetraccio e sedie spaiate li avevamo già visti da bambini nei bar di campagna dove ora non osiamo più entrare. Ma si sa la clientèle radical-milanese è sempre in cerca di nuovo e di "emozioni forti" e qui può assaporare qualche spezia sconosciuta acquistando una camicetta o un soprammobile vintage, perché tutto quel che vedi è in vendita al The Boidem. Curiosità: leggende metropolitane narrano che Michal Levy, la chef con cui il bistrot è partito, se ne sia andata sbattendo la porta a causa di accordi economici non rispettati...
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Friday, May 15, 2015

Expo Milano 2015, il passato è servito...

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A metà strada tra un moderno luna park
e il lungomare di Riccione,
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L'Esposizione universale del 2015 accoglie il visitatore in una atmosfera di apparente quiete: un boschetto di graziosi alberelli di recentissima piantumaizone (ingresso ovest Porta Triulza, quello della metropolitana e del passante ferroviario), precede l'infinita serie di sportelli e tornelli, di code e controlli.

Poi finalmente si entra.

Primo scoglio: il grande Padiglione Zero, di nome e di fatto, presenta una parte dell'itinerario ONU all'esposizione universale: Uniti per un mondo sostenibile... Attraversando l'allestimento di una posticcia Library of Congress, piena di cassetti di fantomatici schedari, si passa ad un salone psichedelico in cui si è accecati da video e dati che mitragliano gli occhi ancora accecati da questo sole di maggio... Si va avanti ed è la volta di un ponticello che costeggia la riproduzione di una specie di vallata, tutta in compensato, che di maquette in maquette riproduce le configurazioni varie del territorio terrestre abitato dall'essere cosiddetto "umano": abbiamo la ridente campagna con qualche catapecchia e tanti campi, terreni agricoli sfruttati industrialmente, poi qualche paesaggio austriaco o bavarese che si alterna a quello massimamente sfruttato della banana blu e per finire in bellezza la passeggiatina sul bucolico ponticello, ci si affaccia su New York con i suoi strabilianti grattacieli vecchi e nuovi sempre di compensato. Chiedo come poter uscire da questa trappola di cinquemila metri quadri e un addetto prontamente mi risponde che sono obbligato a seguire e terminare tutto il percorso che è stato disegnato per il visitatore... Sotto una nuova cupola mi tocca subire una parata di animali da cortile, dalle galline agli asinelli, dalle oche alle pecorelle fino ad imrpobabili pavoni, tutti in carton gesso e l'insieme sempre condito da display che, sopra le nostre teste, sputano dati in rosso sull'alimentazione o meglio sulla non-alimentazone nel mondo.

Finalmente libero da questo zero di padiglione, riprendo la retta via denominata "decumano" (le lunghe mani di Roma sull'Expo ce le misero il giorno stesso in cui a Parigi fu decretata la vittoria di Milano e l'immane sforzo meneghino di donna Letizia, si trasformò da "è una cosa di Milano" in "è una cosa che riguarda l'Itaglia"...) e procedo verso la mia meta che tarderò a raggiungere incuriosito e distratto da mille altre sollecitazioni sul percorso.

Visito il padiglione del Bahrein: discreto e sottotono, tutto è bianco calce ad eccezione delle colorate sedie nell'area ristoro. In bella mostra esemplari di piante del deserto e qualche reperto archeologico, apprezzabili la calma e il sorridente barman, unassuming young man.

Quindi è la volta del Bangladesh: sembra di essere a metà fra il take away indiano all'inizio di Corso di Porta Romana e il negozio di chincaglierie asiatiche all'angolo tra via Castaldi e via Tadino.

Cambogia: ricercato negozio di souvenir, ricco di artigianato locale, argento, seta e tanta gentilezza orientale, mi viene quasi voglia di programmare un viaggio.

Vietnam: qui regna la pace, lignei buddha profumati, magnifici manufatti intagliati e  ceramiche di un certo valore sono in bella mostra, peccato per le riproduzioni kitsch di non meglio identificate divinità immerse nel finto laghetto all'ingresso.

Brunei: vintage style design e tanta fuffa, grande foto del sultano con poster luminoso del suo lungo saluto, the royal address... in vetrina i prodotti alimentari destinati all'esportazione e confezionati in packaging raccapriccianti.


Ivri Lider
Isarel Pavillion, Expo Milan 2015
12 May 2015
Si è fatta l'ora e filo dritto al Padiglione di Israele per l'inaugurazione. In realtà è aperto da diversi giorni e ha già avuto un grande successo di visitatori... Tutto è molto cool come gli israeliani sanno essere, perfino durante la cerimonia di apposizione della mezuzah alla parete. Ci vengono fatti sorbire un show e un filmato, rispettivamente sull'ospitalità mediorientale e sull'avanguardia di ricerca e tecniche agricole in Israele. Landmark del padiglione è il "vertical field", una parete inclinata coltivata a grano e qualche altro cereale a me ignoto, decantata come setting ideale per migliaia di selfies passati e futuri... segue rinfresco kasher in compagnia di un'attrice israeliana a me ignota, Morana Atias, nell'attesa del concerto di Ivri Lider che, purtroppo, in realtà non canterà, dirigendo invece un cacofonico djset molto gradito a ragazze e ragazzini di passaggio. 

Mi resta ancora del tempo.

Inevitabile selfie...
Ragioni affettive mi calamitano verso il contributo dei Paesi Bassi a questa Esposizione Universale alla periferia di Milano. E si ritorna all'idea del parco dei divertimenti: uno spiazzo ristoro, antistante il padiglione, è allestito con vecchi volskwagen e begli olandesi che ti servono, a caro prezzo, worstenbroodjes en Nederlandse bieren... Dopo un sorriso e un goedenavond  ho accesso a un vero e proprio labirinto di specchi, qualche scritta sulle pareti, qualche video e strani oggetti sul pavimento dovrebbero illustrare quel che accade nelle terre strappate al Mare del Nord in tema di agricoltura e sviluppo. Scegliete voi a seconda dell'età: Varesine o Gardaland, l'è istess... 


Il richiamo all'alveare
British Pavillion, Expo Milan 2015
Gran Bretagna: un concentrato di bellezza e un'idea chiara, le api stanno scomparendo e noi le seguiremmo a ruota, quindi tanto prato e tanti fiori, chissà se le api arriveranno... Nell'attesa, al secondo piano, un grande bar per consumare birra e patatine. Da un tavolino mi chiamano, è una ex collega dei tempi che furono, impossibile non tornare con i ricordi al 2006, quando tutto questo cancan cominciò in un corridoio al piano nobile di Palazzo Marino, per poi prendere maggior forma nei mesi che seguirono in un salotto della Milano bene. I no-expo, con qualche nome diverso, erano sicuramente impegnati da altre nobili cause. 

Francia: si torna al bombardamento dei sensi, si accede attraverso un labirinto alla Versailles (dei poveri), stile potager du roy, si entra e si è travolti da installazioni video, caschi luminosi nei quali infilare la testa, suoni assordanti, installazioni sospese e penzolanti mi minacciano... vorrei uscire e mi ritrovo nello shop, sorprendentemente vendono piccole teiere dal design molto poco gallico e decisamente d'oltremanica: prezzo 95,00 Euro cad.

Emirati Arabi Uniti: il padiglione è firmato da uno dei più noti architetti star del momento, è stato fra i più pubblicizzati ed è fra i più visitati. Vuole riprodurre il paessaggio del deserto, un canyon fra le dune. E' imponente, ricorda molto alla lontana quello che si prova addentrandosi fra le rocce di Petra, in Giordania. L'architetto vuole impressionare, lasciare un "segno forte", essere originale a ogni costo e il committente può permetterselo. Il risultato, come sempre in questi casi, mi lascia indifferente, l'effetto è posticcio e molto "computerizzato". Il padiglione una volta smontato verrà ricostruito a Dubai per la prossima fiera. Si prosegue, dopo una certa attesa, all'interno di un auditorium multiensoriale (i sedili vibrano e ti scuotono assecondando le scene sullo schermo), dove viene proiettato un videoclip di terz'ordine: otto minuti di effetti speciali e di  buoni sentimenti molto lontani dalla realtà che si vive nei Paesi del Golfo. Scappo via prima che cominci il secondo filmato.

Brasile: ha molto successo anche questo padiglione la cui principale attrazione è una rete sospesa, da circo equestre, sulla quale i visitatori camminando, a detta degli ideatori, possono provare la sensazione di trovarsi in Amazzonia... al di sotto della rete si sbirciano casse di legno con piantine tropicali che devono ancora crescere molto per darci l'idea di foresta tropicale!

Vedo moltituduni di ragazzi piuttosto giovani divertirsi genuinamente, nei padiglioni e sorpattutto fra i padiglioni, dove sono strategicamente piazzate decine di esercizi commmerciali: bar, gelaterie, caffetterie, cioccolaterie etc. tutti attrezzati per diffondere, dopo le 20.30 circa, assordante musica pseudo techno che attira clienti come moscerini all'uva marcia. Panem et circenses con la differenza che oggi, cibo e intrattenimento, sono riusciti pure a farseli pagare profumatamente dal popolo.

Concludo il mio tour de force alla Cascina Triulza comprando specialità siciliane, e mi sembra di essere tornato al paese.

Un interessante approfondimento, di spietata e clinica lucidità: qui.
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Saturday, June 29, 2013

L'idea di un viaggio. Malta?

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L'idea di un viaggio a Malta mi intrigava da tempo. Le immagini con le quali promuovono La Valletta però mi avevano sempre fatto rinunciare all'imminenza di togliermi questo sfizio. Albergacci orrendi uno infil'all'altro, colate di cemento diqqua e dillà. "No -mi dicevo- meglio evitare una delusione. E lasciare intatta un'idea". Così ho posticipato per anni il viaggio in cerca di qualcosa nella terra che fu dei cavalieri di San Giovanni, e di molti altri se per quello, dai fenici in poi...
Complici diversi fattori, fra cui la mancanza di tempo per organizzare qualcosa di più articolato, un'allettante tariffa aera della compagnia di bandiera (non la nostra... Air Malta of course), il desiderio un po' perverso di vedere confermati i miei dubbi, ed eccomi qui a Gozo. Una delle tre isole di questo aricpelago "sovrano" di se stesso, ma ormai anch'esso succube di Ang(h)ela M...
Tutti i miei presentimenti si sono puntualmente manifestati sotto i diversi tipi di scempi che mi aspettavo. Speculazione edilizia, traffico di automobili e, salvo rare eccezioni, tanta bruttezza anche nei più sperduti dei villaggi. Il tratto tipicamente mediterraneo del non sapere, del non volere e a volte del non potere muoversi senz'automobile o altro mezzo privato a motore qui trova la sua piena conferma.
La possibilità di passare anche una sola notte sull'isola di Malta l'ho scartata ancora prima di partire, sfogliando le pagine di una dettagliata guida, comodamente seduto sul sofà di casa.
Compagnia aerea, aeroporto internazionale seppur di dimensioni ridotte, efficienza della capillare ed economica rete di trasporto pubblico rendono comunque accettabile se non piacevole l'arrivo. A qualcosa aderire all'Unione Europea serve.
Dal capolinea dei bus dell'aeroporto prendo l'X1 che mi porterà direttamente allo scalo dei traghetti, L-lmğarr Vapur, per le isole di Ghawdex (Gozo) e Camun (Comino). Il traghetto di linea per Gozo ha la particolarità di essere gratuito all'andata e a pagamento per il ritorno.
La mia prima destinazione è Marsalforn, anonima e triste cittadina di mare sulla costa nord occidentale dell'isola. Al porto, dovendo attendere per circa tre quarti d'ora il bus che è appena partito, cedo alle lusinghe e alla relativa bellezza di Darren e mi concedo una corsa in taxi. Esito un po' inizialmente e contratto sul prezzo. A convicermi sono i suoi modi comunque gentili e mai insistenti e il suo accento italiano da turco. L'aspetto potrebbe essere quello di un tunisino o di un siciliano, l'età fra i venticinque e i trenta al massimo. Una tentazione, il va sans dire!
Di Marsalforn dirò soltanto che ho quasi assistito ad un omicidio, unica cosa degna di nota durante i miei gironi di permanenza lì. I ristoranti mediocri, il mare appena passabile, i marsalfornini scialbi. In definitiva non è che un luogo di villeggiatura e soprattutto di seconde case per i maltesi più o meno borghesi.
Ma torniamo all'omicidio. Del venditore ambulante. Costui, come la maggior parte di noi, sicuramente ignorava, mettendosi al mattino alla guida del suo furgoncino di panini e bibite scadenti, che quello sarebbe stato l'ultimo giorno della sua vita. Si piazza in un parcheggio sul non ancora affollato lungomare ma trova che un povero cedro libanese disturba la sua miglior collocazione. Quindi che fare? Semplice lo butta giù. Non so se a furia di furgoncinate o con altro istrumento. Fatto sta che un compaesano assiste e non gradisce. Ne nasce un diverbio. L'ambulante arrogante sembra avere la meglio e, scacciato il rompiscatole, prosegue indisturbato la magra attività rifocillatoria. Ma l'altro torna, in automobile questa volta. Ancora insulti, dal suono dolce però, dell'arabo frammisto al siciliano. Il venditore-forte-di-sé scende dal trabiccolo cuciniero e fa per dirigersi contro l'altro che fulmineo con la sua auto gli passa sopra ammazzandolo senza alcuno scampo o pietà. Il Malta Times online riporta la notizia  riferendo di un tree pruning issue e fra i commenti spiccano le parole onore, vendetta, giustizia, ambientalismo... Mi sono trovato a passare di lì poco dopo la dipartita di mezzi di soccorso e polizia. Il cedro sdradicato era rimasto desolatamente atterra, non degno di essere requisito quale evidenza, prova o causa scatenante il reato.
Alcune scorribande sull'isola mi hanno permesso di visitare Rabat, Xlendi, Ramla etc. Nulla di ciò che io cerco in una vacanza.
Ultima spoeranza rifugiarmi nel costoso resort sorto ad opera di un italiano una ventina d'anni fa sull'altopiano di una riserva naturale protetta chiamata Ta' Ćenć. E qui si apre un altro capitolo.
Ta' Ćenć è qualcosa di speciale per Gozo, essendo anche di recente riuscita a sopravvivere alla voracità dei real estate developers. Noise-pollution is non existent, un balsamo per le orecchie di noi cittadini. Il paesaggio si è fermato a un secolo fa: solo gariga e muretti a secco. Un paradiso per lucertole, biscioni e fauna avicola che qui, a differenza che nel resto del paese, non può essere cacciata. E i maltesi della loro passione per la caccia ne vanno fieri...
I gentili ospiti di questa struttura sono in linea di massima tutti general directors o chief executives di grandi aziende transnazionali, per la maggiorparte brittannici ma anche francesi, tedeschi e svizzeri. Qualche italiano, di profilo più basso c'è pure. Ognuno con distinta signora al fianco. A cena, casualmente, ho sentito ciò di cui discutono: titoli e azioni varî, partecipazioni in altre aziende, di come ormai viviamo tutti sotto controllo, in particolare di quanto siano sotto controllo i movimenti finanziari di qualsiasi natura o entità, delle diversità di routine fra la loro vacanza tipica a Aix e la vacanza di qui, del conto del ristorante giunto in quel momento: "cinquante euros". Per tenerlo sotto controllo divideranno un dessert in due, apple pie con sopra un'improbabilissima palla di gelato, mangiata via a colpi di forchettina.
Durante il giorno, a prima colazione, attorno alla piscina, nei saloni e nei lounge vari, ci si scambia un lieve cenno di saluto inclinando impercettibilmente il capo fra uomini. Le signore, più generose, un "Hullo!" a denti strettissimi riescono ancora a pronunciarlo. Non ci si mischia, non si parla con nessuno, non ci si fida di nessuno, si cerca, per quanto possibile, di restare invisibili. L'intera struttura dell'hotel è invisibile, sviluppato su di un altopiano in camere a solo pianterreno, di pietra, ricoperte di canne e di vite e altre piante di ogni genere. Un minuscolo pittogramma fa capire che è vietato l'uso del cellulare in tutti gli spazi comuni, nel restaurant, nei saloni e a bordo delle due piscine. Comunque sia non si vede nessuno degli ospiti farne uso nemmeno nelle vicinanze dell'albergo. Le persone veramente importanti non vengono evidentemente infastidite dall'odioso gadget che fa sentire importanti e indispensabili soltanto i tapini alle loro dipendenze.
Immergersi in questo paradiso artificiale può giovare per ovvi motivi, ma non bisogna dimenticare che il mondo che c'è là fuori (di sofferenza, di diritti negati e quant'altro) lo hanno disegnato e lo controllano quelle stesse persone di cui sopra e a cui sembra fare tanto orrore e paura...
Domani un volo di linea, in poche ore, riuscirà a riportarmi all'ordine?
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Saturday, June 22, 2013

Little bird's story

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Suddenly, I seen it on a street curb in desolate Marsalforn, on island Ghawdex, Malta, a little sparrow, few weeks old, tiny and fluffy, old enough to be determined to live yet defenceless and easy catch for the hungry random Mediterranean cat...


Methought what'll I do? Try to place it somewhere high: a balcony, a window sill. Its bird parents are probably looking for it, their flying-lessons audacious scoundrel.

If I take it in my hands they may smell the human touch and decide to forsake it. Terrible fate.

So I decide to go and leave it to its own devices. To its own life or death.

I hope for the best and it feels good.

It feels good.
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Friday, January 13, 2012

Piazza Fontana, addio!

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Venerdì 8 di Aprile 2011. "Per ripristinare la pavimentazione della storica Piazza sarà necessario rimuovere sei delle 23 piante di Sophora presenti. Le piante da rimuovere, tutte sottoposte ad attente verifiche da parte dei tecnici del settore, avvalendosi anche della collaborazione del prof. Ferrini dell’Università di Firenze e del Corpo Forestale dello Stato, sono risultate caratterizzate da problematiche fisiologiche ritenute incompatibili con operazioni di trapianto e/o salvaguardia. Le piante rimosse, saranno quindi sostituite con esemplari della medesima specie, aventi dimensioni 30/40 di circonferenza e 4/6 di altezza opportunamente allevate in vaso."

Questo il laconico "Comunicato" del Comune di Milano, meno di un anno fa. L'altroieri lo scempio si è concluso, l'unica minuscola isola verde nel centro di Milano è stata distrutta. Ogni esemplare di Sophora abbattuto, per dare corso ad una risistemazione che renderà Piazza Fontana più simile ad un parcheggio dell'Ikea che a un luogo da tutelare per più di una ragione.

Nella più totale e sonnecchiosa indifferrenza degli allora cosiddetti Verdi in Consiglio Comunale, la deliberazione di "ridisegnare" la storica piazza fu presa ai tempi della Giunta guidata dal Sindaco - Amministratrice di condominii Gabrielle Albertini, palese l'intenzione di eliminare tutti gli alberi (malati o meno), per servire gli interessi edilizi dei soliti fagocitatori di suolo e sottosuolo pubblico. Il primo lotto dei lavori, conclusosi da tempo, vide già l'abbattimento di tre meravigliosi esemplari di Sophora Japonica per dar spazio all'allargamento di uno squallido grand hotel per arrivés in cerca di notorietà.

La Giunta di Giuliano Pisapia annuncia la pedonalizzazione di Piazza Fontana ma tace sull'abbattimento degli unici esemplari di piante che davano rifugio e ristoro ad una ingente fauna avicola e rendevano sicuramente più affascinante la sosta attorno all'unica fontana di Milano degna di questo nome.  
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Wednesday, November 30, 2011

Io speriamo che l'Egitto se la cavi...

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Apri collegamento in una nuova scheda per visualizzare ingrandito.
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Monday, August 08, 2011

Obituary

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L'ultima volta che lo vidi fu a Sidi Bou Said, antico borgo arabo-andaluso a venti chilometri circa da Tunisi, oggi inflazionatissima località turistica. Era un mese di gennaio di parecchi anni fa, indossava un ampio cappotto di cammello, lo portava manco fosse una pelliccia di visone e lui una cortigiana dei tempi moderni. Ancora doveva compiere i suoi ottant'anni.

Il senatore, così bisognava chiamarlo, ebbi modo di incontrarlo e di parlargli in due distinte occasioni, a Tunisi, nella sua casa-museo. Con la complicità del guardiano, ragazzo di campagna, ebbi anche accesso ai suoi appartamenti privati: il grande letto era ornato da drappeggi e tendaggi di lino, tutto color panna, tutto molto delicato e al contempo ostentato.

Non mi piacque per nulla: affettatoartefattomanierato. Amava essere circondato solo da adulatori, guai a contraddirlo, seppur minimamente, anche per la più stupida delle cose. Tale padre, tale figlia, l'arabista, quella che pure ebbi il destino di conoscere. Raramente mi capitò di essere trattato così villanamente come da quei due. 

Oggi ho appreso che è stato barbaramente ucciso a ottantaquattro anni dal suo "cameriere" Saiful Islam: un ragazzo bengalese di ventun anni. Un conoscente dei due non riesce a darsi pace: "Non capisco cosa possa essere caduto. [Saiful] E' un ragazzo mite, educato, servizievole, che era molto legato a Ludovico. Mandava parte del suo stipendio alla famiglia, rimasta in Bangladesh, per mantenere agli studi il fratello. E' davvero una cosa inspiegabile". Il cameriere viene anche così descritto: "un giovane perbene che accudiva il senatore con dedizione e amore. Ricordo che lo accompagnava ovunque, quando andava a Palermo presso l'assessorato regionale gli portava la borsa. Poi lo accudiva con molta dedizione. Non so cosa sia potuto accadere per arrivare a uccidere il senatore per cui Saiful stravedeva. Negli ultimi mesi [il senatore] gli aveva persino pagato di tasca propria la scuola guida per prendere la patente. Non solo, lo aveva messo in regola. Insomma, Saiful aveva trovato una seconda casa". "Accudiva in maniera esemplare il senatore ed era ricambiato con affetto". "Gli investigatori [...] stanno ascoltando diverse persone, nella cerchia di amici ma anche di colleghi di lavoro, per capire se tra l'ex senatore e il domestico i rapporti andavano oltre quelli lavorativi. Se dietro al delitto, insomma, ci sia un movente passionale. L'ex senatore era un personaggio molto eccentrico, che vestiva in modo vistoso indossando cappelli a larghe falde e lunghe sciarpe bianche. Anche per questo motivo non passava di certo inosservato. Nel 1975 era stato vittima di un attentato intimidatorio [...]. Secondo gli atti dell'inchiesta nell'atto intimidatorio era coinvolto un giovane tunisino che aveva rapporti con l'esponente politico. A Gibellina era amato, quasi adorato."

Nei vari articoli apparsi tutti alludono: il personaggio eccentrico, il vistoso modo di vestire, l'antico caso del giovane tunisino, ma nessuno osa dire quello che è chiaro agli occhi di tutti. Questo ennesimo triste caso ricorda fin troppo da vicino quello del sessantaquattrenne vicario apostolico dell'Anatolia, assassinato a coltellate a Iskenderun, dal suo "autista e collaboratore fidato" ventiseienne nel giugno 2010.

A quando la fine dell'ipocrisia sui delitti a sfondo omosessuale?
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