The world may be known Without leaving the house;
The Sky may be seen Apart from the windows.
The further you go, The less you will know.

Thursday, January 07, 2010

Il canto delle spose...


...non convince, non convince, non convince. Troppi corsi di arte drammatica, troppa teoria, troppa scuola di cinema e viene a mancare quella spontaneità, vera o presunta, che in un film per me è imprescindibile. Gli ingredienti ci sono tutti, il racconto di per sé è originale, la tecnica c'è ma il risultato finale pare un compitino ben fatto e niente di più che lo renda unico, eccezionale.

Una storia tutta al femminile, due adolescenti, una musulmana e una ebrea, un'amicizia in bilico, dei padri assenti e delle madri impiccione per forza di cose, siamo a Tunisi ed è il 1942. Alla musulmana non è concesso di sposarsi finché il fidanzato non troverà un'occupazione stabile (e l'occupazione nazista gliene offrirà l'opportunità), all'ebrea è imposto un matrimonio di convenienza. I tempi sono duri per tutti. I sentimenti vengono ritratti ma mai esplorati fino in fondo, ci vengono offerte toccanti immagini di depilazione inguinale, qualche lacrima, qualche svenimento, tanti bacini, tante carezze. La violenza e l'indolenza maschili abbondano, tutto però rimane sempre politicamente corretto, quasi non si volesse dare fastidio a nessuno pur denunciando fatti terribili. E' questo forse che più infastidisce.

Un po' di poesia, qualche bomba che cade qua e là, qualche danza orientale, qualche bastonata nazista, un po' di lavori forzati, un abito da sposa e una dolce melodia, un maghrebino ricciolino, gli uomini più anziani che passano le loro giornate stesi a dormire: una bella frullata e il film è servito.

Un merito sicuro di Karin Albou, la regista de Le chant des mariées, è comunque quello di avere affrontato il tema quasi tabù della Seconda Guerra Mondiale nei paesi colonizzati, lei stessa che interpreta la madre di Myriam e la madre di Raoul sono le uniche attrici che ci offrono un'interpretazione degna di nota. Le due giovani, Lizzie Brocheré (Myriam), Olympe Borval (Nour), e il giovane Najib Oudghiri (Khaled), checché se ne dica, devono ancora fare strada.

Pietoso e indecente il doppiaggio del film che lo spettatore italiano è obbligato a subire. Archibald Enterprise Film che lo distribuisce se si è occupata anche di questo aspetto dovrebbe sprofondare: Nour (نور) è un nome comunissimo e si pronuncia [nu:r]!

Salviamo gli ultimi fotogrammi nei quali le due ragazze, quasi fondendosi in un abbraccio, intonano, l'una e l'altra, in arabo e in ebraico, una litania che ci fa sperare che le cose andranno per il meglio.  

Ultima nota dolente, la sala. Il Cinema Centrale ha da poco celebrato i suoi cento anni di attività ed è la più antica sala cinematografica milanese ancora attiva. Sta sempre lì lì per chiudere i battenti, non conto mai più di una ventina di spettatori quando vado a vedere qualcosa, e allora consiglio al proprietario e gestore Alberto Massirone di vegliare un po' più sulla cortesia di Colei che troneggia alla Cassa!

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