The world may be known Without leaving the house;
The Sky may be seen Apart from the windows.
The further you go, The less you will know.

Saturday, November 08, 2008

Di una certa Milano...

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Una sera alla "festa di compleanno" di C. Tutto bene bien sûr, nella Milano che conta nulla è fuori posto, e tutto è all'insegna della discrezione e dell'understatement, mai una cosa di troppo, mai una cosa di meno. Ospite: il fior fiore della fighetteria milanese. I figli delle famiglie giuste, quelle che contano davvero perché non si fanno mai vedere o sentire, che non si espongono, che non dicono nulla di sé: agiscono e basta. Muovono e smuovono i poteri, "limitandosi" a questo. All'insegna del sottotono, all'insegna dello scontatissimo. È naturale che non ci si ponga minimamente il pensiero che esistono persone che non hanno avuto neppure un decimo di tutto quello che in questo ambiente si dà per fermo e stabilito. Di loro a volte parla la cronaca. Un suicidio spettacolare: l'avvocato che si spara in bocca nel suo studio di via Podgora; un caso psichiatrico: il depresso che ammazza i passanti sparando dalla finestra di casa che dà sul Piazzale della Fiera Campionaria; i tossicodipendenti: il fidanzatino che strafatto di coca sfracella il cervello della malcapitata amichetta, l'ex-modella anche lei strafatta che si getta dal balcone col neonato e così via, la borghesia milanese ogni tanto. Ma l'altra sera: no. Una trentina fra bei giovanotti o meglio giovinetti e giovincelle che si apprestano ad entrare nel mondo del lavoro. Tutto è ben ovattato, certo qualche problema ce l'hanno, ma per ora, agli inizi, i genitori di ognuno di loro non smuovono i contatti che contano, quelli giusti. È l'esordio: insomma anche i loro pargoli un po' di gavetta la devono pur fare, hanno tra i venticinque e i trent'anni, hanno potuto frequentare le università giuste e studiare con tutta calma fra settimane bianche e estati in Sardegna, anno dopo anno. Ora è arrivato il momento di farli soffrire un po'… sì, anche se per finta, questa lieve incertezza del domani, questa precarietà apparente li deve temprare. Un annetto o due da sfigati, da persone normali se li devono fare pure loro. Pure il figlio del grande petroliere fa la maschera al Piccolo Teatro di Milano, gioca a fare il sindacalista, si cala nel ruolo, tanto un "safe haven" dove ritirarsi in caso di casini, casini veri, lui ce l'ha. (Mi viene in mente il mostriciattolo biondastro che stava per morire in mezzo ai due puttanoni transessuali, ma quello stava a Torino). E allora giochiamo a fargli fare le ossa a questi figli di papà, che a breve, quando pa' e ma' si sono stufati di averli fra i piedi, chiamano l'amico ministro, l'amico deputato o senatore, l'amico alle Nazioni Unite e un posticino lo trovano al loro pargoletto, che ormai è pronto per dirigere, è pronto per mettersi ad un posto di comando e con la sua mevavigliosa evve moscia a impavtive ovdini. Eppure, l'altra sera ho passato una bella serata. Ho partecipato, ho osservato e sono pure stato osservato, di bestie rare come me, di figli di nessuno, ce ne erano altri due, e ci è stato chiesto: "Ma voi come fate a conosceve C.?". 
Sono rientrato alle ore piccole del mattino, era piacevole sentire il crepitio del fuoco provenire dai vari camini sparsi fra le stanze, l'aroma del narghilé intontante, e le chiacchiere: quelle sempre abbondanti sulla bocca dei figli della borghesia buona. I loro sogni, il voler cambiare "le cose", il futuro sostenibile e tutte queste guerre immorali che dilaniano il mondo, Ruanda e Congo, Sierra Leone e Guinea Bissau: quanta povertà, quanta ingiustizia! E poi le multinazionali e i presidenti fantoccio degli Stati Uniti d'America and so on and on… Eppure, lo ripeto, sono stato bene. Laddove, tempo addietro, avrei maledetto passare una serata in questo modo, l'altra sera, in questa Milano che vive un po' nascosta e ben al riparo fra massicce mura di case, non a caso, costruite almeno dal babbo del babbo a Mivabello, mi sono sentito a mio agio, per quanto ovviamente non veramente accolto. Stavo bene nella mia pelle, e mi guardavo attorno pure un po' divertito. Non ho più nulla da invidiare ai figli di questa borghesia buona. Ognuno ha la sua storia, ognuno la sua croce: quella disegnata dalle stelle. Mi è piaciuto stare con loro, e, in particolare, parlare con G. che ama condiviedere il suo sapere e ha voluto a tutti i costi il mio numero di telefono.
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