The world may be known Without leaving the house;
The Sky may be seen Apart from the windows.
The further you go, The less you will know.

Friday, November 28, 2008

Di alcune giornate…

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Conosco più o meno casualmente, per ragioni di lavoro, Monsieur A.B.A. Sin da subito, quando il Console generale di A… fa il suo nome, qualcosa mi colpisce. Lo aggiunge telefonicamente a una lista di altri nomi di persone che di lì a qualche giorno avrei dovuto incontrare: soliti nomi arabi, Mahmoud di qua, Mohammed di là etc. È un nome particolare invece questo che aggiunge ora, non perché lo abbia già sentito. Pieno di vocali, pieno di “a”, mi piace e non ne conosco la ragione. Intuisco che dietro di esso si cela una persona singolare. Non i soliti soggetti che per lavoro mi capita di incontrare. Faccio una cosa che non faccio mai in questi casi: inserisco questo nome in un noto motore di ricerca, e trovo, quasi me lo aspettassi, centinaia di riscontri: articoli, pubblicazioni, testi, partecipazione a incontri e conferenze, parecchie delle quali in Sicilia… coincidenze. Mi dico: “Finalmente una persona di spessore, una volta tanto, un consulente vero”. Non ci penso più. Incontro Monsieur A.B.A. all’interno di una cornice istituzionale, giocando una parte, io, che ormai ho imparato a recitare alla perfezione. È quanto richiesto dal mio lavoro, dalla mia professione. Sorrido gentile, sono formale ma cordiale, impersono questo ruolo con così magistrale naturalezza, oramai, che io stesso non so più capire dove sta il confine fra quel garbato signore, dall’aspetto giovanile (dentro di sé e dentro al completo scuro non proprio a suo agio, il collo stretto dall’indispensabile cravatta), e il mio vero me che più spesso che mai chiede la libertà! È una giornata di sole, le due guardie all’ingresso, in uniforme di rappresentanza, mi sorridono, mi conoscono, sono vari anni che lavoro dove lavoro. Degli appositi valletti, pagati per questo, potrebbero ricevere i miei ospiti all’entrata e condurli nella stanza dove io comodamente sarei ad attenderli, ma a me così non piace, sebbene quest’ultima sia l’abitudine a Palazzo. I miei ospiti, per quanto possibile, desidero accoglierli e farli sentire subito a casa pur nel rispetto dell’usuale protocollo tanto caro all’Istituzione per la quale lavoro e che spesso rappresento. La delegazione composta da cinque persone si presenta al completo. Monsieur A.B.A., per ultimo, un po’ trafelato, mi stringe la mano. Mi risulta simpatico. La riunione di lavoro dura molto più del previsto e a causa di altre ragioni sono completamente solo a condurre questo primo incontro. Noto in diversi momenti che Monsieur A.B.A. oltre a lasciarsi distrarre da arazzi, specchi barocchi e imponenti quadri del primo ottocento, mi osserva attentamente, quasi mi scruta. Sorrido. Due intense giornate di incontri, riunioni e sopralluoghi si succedono accompagnando la medesima delegazione. Trasporti, energia, incenerimento dei rifiuti solidi urbani, illuminazione pubblica, fiere e commercio: i temi. Il terzo giorno, un giovedì, sarà soltanto Monsieur A.B.A. a rimanere in città per il programma culturale. Visitiamo, accompagnati dalla mia guida preferita (una rossa di capelli, spigliata, che improvvisa molto con il francese, ma in compenso parla bene il brasiliano), il Museo di Arte Antica e le Collezioni del Castello Sforzesco. Mi commuovo come sempre di fronte alla Pietà Rondanini, questa volta non sono l’unico. Visitiamo poi una mostra alla Triennale e il cosiddetto Museo del Design. Visitiamo brevemente Santa Maria presso San Satiro, in via Torino, soffermandoci ad osservare il suo celeberrimo finto presbiterio, disegnato dal Bramante. Facciamo sera e ci concediamo un aperitivo al Caffè Vergnano 1882, in via Speronari. Il mio ospite mi offre dello spumante, mi stupisce. Visitiamo quindi due mostre a Palazzo Reale che il giovedì è aperto fino a tardi, e la Sala delle Cariatidi per quanto chiusa al pubblico. La mia giornata di lavoro dovrebbe così concludersi ma accetto volentieri l’invito a cena di Monsieur A.B.A. che fiducioso lascia a me la scelta del ristorante. Questa non può che ricadere sul Victoria di via Clerici. È un ristorante al quale lego tanti ricordi, ora uno di più, ed è un luogo che per anni si sta dimostrando fedele a se stesso, cosa più che rara a Milano. Parliamo molto e facciamo davvero tardi. Due taxi porteranno ciascuno di noi rispettivamente in albergo e a casa.

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