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Il 25 gennaio avrebbe dovuto essere un giorno di celebrazioni e festa [sic!] in onore del corrotto, brutale e spietato corpo di polizia dell'Egitto, "Egypt's Police Day", invece è stato un appuntamento imbarazzante per il regime dittatoriale di Hosni Mubarak... Una giornata di proteste popolari faraoniche, di egiziani ed egiziane in piazza al grido di "Tunisia!, Tunisia!", "Mubarak dégage!". Il famigerato effetto domino...
Anche in questo caso sono stati i social media, Twitter e Facebook in particolare, a "favorire" i giovani attivisti nell'organizzarsi e nel darsi appuntamento in Piazza Tahrir, nel centro del Cairo, per dimostrare la loro crescente e ormai debordante rabbia nei confronti di una realtà insopportabile. Il regime nel suo disperato tentativo di reprimere la rivolta attualmente ha bloccato l'accesso ai siti in questione e ha sospeso anche l'accesso alla rete di telefonia mobile nelle zone interessate dal movimento delle masse.
Tutto è ancora in divenire e non possiamo sapere se questa sarà "La Rivoluzione": il popolosissimo Egitto è ben diverso dalla piccola Tunisia, i suoi abitanti mansueti, quasi rassegnati e sicuramente con un livello di istruzione largamente inferiore a quello tunisino. Certo però anche la rabbia degli egiziani è diventata difficile da placare. Il nostro ministro degli esteri, fra un appuntamento e l'altro con l'estetista, spera: "che (Hosni) Mubarak continui come sempre ha fatto a governare con saggezza e lungimiranza" perché "l'Egitto è punto di riferimento per il processo di pace che non può venire meno" e per scongiurare una "deriva fondamentalista". Groundbreaking come sempre. Con la scusa di questa cosiddetta "deriva fondamentalista", l'Occidente continua a chiudere gli occhi di fronte a tutti gli abusi, soprusi e delitti che i dittatori arabi si concedono per garantirsi trono e impunità. Saggezza e lungimiranza dovrebbe provarle sulla sua pelle liscia e impomatata, il nostro ministro della repubblica...
Fra i popoli arabi, la bontà di cuore, il senso dell'umorismo e la capacità di ridere anche di se stessi vanno sicuramente riconosciuti agli egiziani. (Un ritratto per certi versi ancora valido ce lo dà Eça de Queiroz in "De Alexandria ao Cairo", per chi volesse approfondire).
Personalmente conservo ancora vividi ricordi di semplici gesti che mi hanno fatto sentire davvero accolto in Egitto, in particolare ad Alessandria. Gesti di pura, gratuita e calorosa accoglienza da parte di chi per tanti versi è molto più sfortunato di noi ma è pronto a condividere il poco che ha quando si sente riconosciuto e accettato nella sua dignità di essere umano: anche se arabo, anche se musulmano, anche se scuro di carnagione, anche se gli manca qualche dente, anche se povero.
Diverso il discorso per gli appartenenti alla casta della polizia. Due gli episodi che mi sono accaduti durante il mio ultimo viaggio dell'ottobre scorso.
Nel primo caso mi trovavo di fronte al Consolato generale d'Italia in Alessandria, proprio sulla corniche, di fronte al mare, avendo appuntamento con un autista che tardava ad arrivare. Vedendomi lì attorno, da un po' troppo tempo, l'agente in borghese di stanza al Consolato mi ha chiesto chi aspettassi o se ci fossero problemi. Gli ho spiegato che non riuscivo evidentemente a far capire all'autista dove dovesse venire a prendermi e porgendogli il mio telefonino lo invitavo a parlargli direttamente affinché nell'idioma alessandrino si sciogliesse l'inghippo. In effetti l'autista, non troppo sveglio, mi stava aspettando di fronte al Consolato francese, sempre sulla corniche, sempre con vista mare, sempre un grande villone primi novecento, ma tre chilometri più in su. Spiegatomi questo, il poliziotto in borghese, senza vergogna, mi ha chiesto una mancia per il servizio reso. L'ho guardato, stupito gli ho chiesto se avessi capito bene, e incredulo, di fronte alla sua conferma, ho preferito lasciargli l'elemosina che chiedeva piuttosto che avere contrattempi in una giornata che desideravo tranquilla.
Il secondo caso mi è capitato nella cittadina di Rachid, l'antica e celebre Rosetta, oggi meta per i turisti più audaci non solo per via del piccolo museo dedicato alla famosa stele, ma soprattutto per il giro delle sue "case ottomane". Audaci perché è difficile raggiungere la cittadina senza mezzi propri e perché l'estrema povertà dei locali la renderebbe, secondo le autorità del paese, un luogo rischioso per i ricchi visitatori forestieri. La morale è che non appena si arriva in centro si viene presi in consegna da agenti di polizia che scortano passo passo il visitatore, il quale alla fine del suo tour, nonostante abbia regolarmente pagato i biglietti di ingresso ad ogni casa ottomana visitata, deve pure lasciare una buona mancia all'amorevole poliziotto di turno. Nel mio caso, non so se perché mi sia stata riconosciuta o attribuita una speciale distinzione, dopo il succedersi di alcuni agenti, sono stato scortato direttamente dal capo supremo della polizia di Rachid. Conservo ancora una foto del suo faccione grasso e sanguigno. Questi, vero uomo di mondo, ha subito chiesto se alla fine del "nostro" giro lo avrei invitato a pranzo in un ristorante affacciato al Nilo dove lui avrebbe avuto piacere a portarmi. Contando sul fatto che era ben pasciuto ho scommesso che si sarebbe trattato di un buon indirizzo, noto ai veri intenditori, per assaporare il pesce di Rosetta (che viene grigliato nella sabbia bollente) e al contempo un buon modo di sdebitarmi per la "protezione" ricevuta senza la brutalità di una mancia in contanti. Ebbene, dopo un piacevole pomeriggio, il soddisfacente pranzo cominciato alle quattro del pomeriggio si è protratto sino all'imbrunire, arrivati al momento del commiato, questo come il poliziotto del Consolato, in maniera sfacciata e indegna mi ha fatto capire che gli dovevo dei denari se volevamo "lasciarci bene". Era sera, ero stanco, e rattristato a questo punto. Ho voluto fargli un affronto: gli ho lasciato 10 lire egiziane, il corrispondente di poco più di un euro (un pacchetto di sigarette in Egitto costa circa 7 lire o egybscian baund come dicono loro) e ho dato ordine all'autista di filare via nel momento in cui il grasso e corrotto poliziotto dalla pancia appena riempita cominciava a chiedere spiegazioni sul perché di un così misero "contributo"...
A me è andata bene perché il mio status di "straniero" comunque mi ha consentito in entrambi i casi di scegliere, di decidere se dare o meno l'anelato bakhshish, mancia più che bustarella. Ho pensato però a chi si trova in difficoltà sul serio, a chi necessita di un certificato, di un'autorizzazione, di un ricovero ospedaliero, di un servizio qualsiasi che non verrà erogato se non dietro lauto compenso al funzionario pubblico o poliziotto di turno, visto che quasi qualsiasi pratica deve passare attraverso le locali stazioni di polizia...
Invito chiunque sia interessato a conoscere e capire più a fondo le mille contraddizioni dell'Egitto di oggi alla lettura di Alaa Al Aswany e del suo romanzo The Yacoubian Building, ne esiste anche una stupenda versione cinematografica.
Nel frattempo speriamo che questa rivoluzione in salsa verde sia altrettanto profonda e pacifica che quella tunisina!
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