The world may be known Without leaving the house;
The Sky may be seen Apart from the windows.
The further you go, The less you will know.

Sunday, January 30, 2011

! ٢٥ يناير ثورة حرية

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25 January Freedom Revolution, Cairo, Egypt
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Da un articolo del Guardian di oggi: "There's a lot of uncertainty about where the army stands right now," said Karim Ennarah, who was taking part in protests in Cairo. "They are telling people that the tanks have moved in to protect them, and people are showing great warmth in return, dancing on tanks and hugging and kissing soldiers. It looks as if the soldiers are unwilling to launch attacks on the crowds, although senior officers are pleading with protesters to respect the curfew and go home."

Io voglio essere ottimista e le foto sotto mi fanno sperare per il meglio.
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Un pensiero va anche ai cittadini egiziani che da giorni, al rientro dal lavoro, manifestano la loro solidarietà e il loro dissenso di fronte al Consolato Generale della "Repubblica" Araba d'Egitto in via Porpora a Milano.
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  !تحية مصر 
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Don't Mention the Italian Economy

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Ringraziamo di cuore il nostro compassatissimo ministro dell’Economia e delle Finanze dalla evve moscia che al World Economic Forum di Davos (26-30 gennaio 2011) ci ha fatto fare davvero una bella figura!

Il ministro si è fissato una conferenza stampa nello stesso orario in cui si sarebbe svolto l'incontro a porte chiuse dal titolo Italia, un caso speciale per  discutere "delle difficoltà di governance e di un'influenza sproporzionatamente piccola sulla scena globale, di prospettive economiche e sociali che appaiono negative". 

Sarebbe stato troppo imbarazzante per il nostro ministro ascoltare l'economista Nouriel Roubini: "Di solito parlo solo di economia ma nel vostro caso il problema del governo è diventato grave, è una vera distrazione che v'impedisce di fare quello che dovreste. Siete di fronte ad accuse di una vera e propria prostituzione di Stato, orge con minorenni, ostruzione alla giustizia. Avete un serio problema di leadership che blocca le riforme necessarie". O l'economista, Daniel Gros: "La vostra situazione è preoccupante. Siete il paese più direttamente in competizione con la Cina, per la tipologia dei prodotti. Da dieci anni si sa quali riforme andrebbero fatte. Di questo passo l'Italia potrebbe diventare il prossimo grosso problema dell'eurozona". O Matthew Bishop: "I gravi reati di cui Silvio Berlusconi è accusato sono ben noti. Ma a voi sta bene lo stesso? E' questo il governo che volete?". O Emma Marcegaglia: "Il mondo di Davos, quello delle nuove potenze come l'India e l'Indonesia, è ignoto ai nostri politici, perciò siamo assenti dai tavoli dove si decide il futuro".

Nel 2009 aveva già ben rappresentato l'Italia, intervistato da Geoff Cutmore della CNBC, appena il gioco si fa duro (perché i giornalisti dei paesi anglosassoni sono giornalisti e non fedeli cagnolini...), il nostro ministro alla parola Unicredit, biascicò un avvivedevci,  girò letteralmente i tacchi lasciando di stucco il nostro Geoff che però non esitò a pubblicare questa deliziosa testimonianza dell'accaduto: 





Un'altra storia italiana è possibile...

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Sotto questo slogan, sabato 29 gennaio, diverse migliaia di persone, ben al di sopra delle aspettative degli organizzatori (perché a sinistra tendono sempre al pessimismo?), si sono riunite in Piazza della Scala a Milano. 

Rarissimamente prendo parte a manifestazioni di piazza, ma ieri sono stato felice di esserci, in mezzo a moltissime donne e tanti uomini. E' assurdo dover scendere in piazza per reclamare dignità, per spiegare che le donne non sono merce, che non è e non deve essere necessario prostituirsi per trovare un lavoro o per entrare in politica, per urlare a gran voce che siamo stanchi di avere un presidente del consiglio faccendiere e puttaniere, per mostrare che esistono anche persone "normali" che non hanno bisogno di muoversi in mercedes, indossare gioielli, rifarsi culo e tette, stirarsi le rughe. E' assurdo ma necessario, considerato che in tv si mostrano, quindi esistono, quasi esclusivamente realtà fittizie e si inscenano oscene pantomime persino al TG1! Dal 1993 non posseggo un televisore quindi molto di quel che accade in tv lo so da una parte per sentito dire, dall'altra, sconsolatamente, sono costretto a leggerlo sui giornali che anziché raccontarci la realtà ci raccontano di quello che succede o è successo o succederà in tv... 

Per quasi due ore in Piazza della Scala si è rimasti ad ascoltare la lettura di messaggi giunti sia da parte di personalità del mondo della cultura e della politica: Susanna Camusso, Giuseppe Cederna, Concita De Gregorio, Lucrezia Lante della Rovere,  Moni Ovadia, Giuliano Pisapia, Franca Rame, Luis Sepulveda, Nichi Vendola, sia da parte di persone comuni che hanno ribadito quanto si leggeva nell'appello Mobilitiamoci per ridare dignità all’Italia: "Quel che accade nel nostro Paese offende le donne, ma anche gli uomini che non si riconoscono nella miseria della rappresentazione di una sessualità rapace e seriale, nello squallore di una classe dirigente che ha fatto dell’eversione di ogni regola e del sovvertimento di qualunque verità il suo tratto distintivo".

In fondo ognuno di noi è responsabile di quel che l'Italia, il nostro paese, è diventata, nessuno all'infuori di noi, giorno dopo giorno, ha contribuito a rendere l'Italia quello che essa è oggi. C'è chi lo ha fatto compiendo veri e propri crimini o abusi, c'è chi lo ha fatto approfittando delle disgrazie altrui, c'è chi lo ha fatto tacendo, voltando la faccia dall'altra parte dicendo "tanto queste cose non mi riguardano".
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Il prossimo appuntamento a Milano per dire "BASTA" è fissato per il 13 febbraio 2011, in Piazza Castello.
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Thursday, January 27, 2011

The Molokhia Revolution...


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Il 25 gennaio avrebbe dovuto essere un giorno di celebrazioni e festa [sic!] in onore del corrotto, brutale e spietato corpo di polizia dell'Egitto, "Egypt's Police Day", invece è stato un appuntamento imbarazzante per il regime dittatoriale di Hosni Mubarak... Una giornata di proteste popolari faraoniche, di egiziani ed egiziane in piazza al grido di "Tunisia!, Tunisia!", "Mubarak dégage!". Il famigerato effetto domino...
Anche in questo caso sono stati i social media, Twitter e Facebook in particolare, a "favorire" i giovani attivisti nell'organizzarsi e nel darsi appuntamento in Piazza Tahrir, nel centro del Cairo, per dimostrare la loro crescente e ormai debordante rabbia nei confronti di una realtà insopportabile. Il regime nel suo disperato tentativo di reprimere la rivolta attualmente ha bloccato l'accesso ai siti in questione e ha sospeso anche l'accesso alla rete di telefonia mobile nelle zone interessate dal movimento delle masse.
Tutto è ancora in divenire e non possiamo sapere se questa sarà "La Rivoluzione": il popolosissimo Egitto è ben diverso dalla piccola Tunisia, i suoi abitanti mansueti, quasi rassegnati e sicuramente con un livello di istruzione largamente inferiore a quello tunisino. Certo però anche la rabbia degli egiziani è diventata difficile da placare. Il nostro ministro degli esteri, fra un appuntamento e l'altro con l'estetista, spera: "che (Hosni) Mubarak continui come sempre ha fatto a governare con saggezza e lungimiranza" perché "l'Egitto è punto di riferimento per il processo di pace che non può venire meno" e per scongiurare una "deriva fondamentalista". Groundbreaking come sempre. Con la scusa di questa cosiddetta "deriva fondamentalista", l'Occidente continua a chiudere gli occhi di fronte a tutti gli abusi, soprusi e delitti che i dittatori arabi si concedono per garantirsi trono e impunità. Saggezza e lungimiranza dovrebbe provarle sulla sua pelle liscia e impomatata, il nostro ministro della repubblica...
Fra i popoli arabi, la bontà di cuore, il senso dell'umorismo e la capacità di ridere anche di se stessi vanno sicuramente riconosciuti agli egiziani. (Un ritratto per certi versi ancora valido ce lo dà Eça de Queiroz in "De Alexandria ao Cairo", per chi volesse approfondire).
Personalmente conservo ancora vividi ricordi di semplici gesti che mi hanno fatto sentire davvero accolto in Egitto, in particolare ad Alessandria. Gesti di pura, gratuita e calorosa accoglienza da parte di chi per tanti versi è molto più sfortunato di noi ma è pronto a condividere il poco che ha quando si sente riconosciuto e accettato nella sua dignità di essere umano: anche se arabo, anche se musulmano, anche se scuro di carnagione, anche se gli manca qualche dente, anche se povero.
Diverso il discorso per gli appartenenti alla casta della polizia. Due gli episodi che mi sono accaduti durante il mio ultimo viaggio dell'ottobre scorso.
Nel primo caso mi trovavo di fronte al Consolato generale d'Italia in Alessandria, proprio sulla corniche, di fronte al mare, avendo appuntamento con un autista che tardava ad arrivare. Vedendomi lì attorno, da un po' troppo tempo, l'agente in borghese di stanza al Consolato mi ha chiesto chi aspettassi o se ci fossero problemi. Gli ho spiegato che non riuscivo evidentemente a far capire all'autista dove dovesse venire a prendermi e porgendogli il mio telefonino lo invitavo a parlargli direttamente affinché nell'idioma alessandrino si sciogliesse l'inghippo. In effetti l'autista, non troppo sveglio, mi stava aspettando di fronte al Consolato francese, sempre sulla corniche, sempre con vista mare, sempre un grande villone primi novecento, ma tre chilometri più in su. Spiegatomi questo, il poliziotto in borghese, senza vergogna, mi ha chiesto una mancia per il servizio reso. L'ho guardato, stupito gli ho chiesto se avessi capito bene, e incredulo, di fronte alla sua conferma, ho preferito lasciargli l'elemosina che chiedeva piuttosto che avere contrattempi in una giornata che desideravo tranquilla.
Il secondo caso mi è capitato nella cittadina di Rachid, l'antica e celebre Rosetta, oggi meta per i turisti più audaci non solo per via del piccolo museo dedicato alla famosa stele, ma soprattutto per il giro delle sue "case ottomane". Audaci perché è difficile raggiungere la cittadina senza mezzi propri e perché l'estrema povertà dei locali la renderebbe, secondo le autorità del paese, un luogo rischioso per i ricchi visitatori forestieri. La morale è che non appena si arriva in centro si viene presi in consegna da agenti di polizia che scortano passo passo il visitatore, il quale alla fine del suo tour, nonostante abbia regolarmente pagato i biglietti di ingresso ad ogni casa ottomana visitata, deve pure lasciare una buona mancia all'amorevole poliziotto di turno. Nel mio caso, non so se perché mi sia stata riconosciuta o attribuita una speciale distinzione, dopo il succedersi di alcuni agenti, sono stato scortato direttamente dal capo supremo della polizia di Rachid. Conservo ancora una foto del suo faccione grasso e sanguigno. Questi, vero uomo di mondo, ha subito chiesto se alla fine del "nostro" giro lo avrei invitato a pranzo in un ristorante affacciato al Nilo dove lui avrebbe avuto piacere a portarmi. Contando sul fatto che era ben pasciuto ho scommesso che si sarebbe trattato di un buon indirizzo, noto ai veri intenditori, per assaporare il pesce di Rosetta (che viene grigliato nella sabbia bollente) e al contempo un buon modo di sdebitarmi per la "protezione" ricevuta senza la brutalità di una mancia in contanti. Ebbene, dopo un piacevole pomeriggio, il soddisfacente pranzo cominciato alle quattro del pomeriggio si è protratto sino all'imbrunire, arrivati al momento del commiato, questo come il poliziotto del Consolato, in maniera sfacciata e indegna mi ha fatto capire che gli dovevo dei denari se volevamo "lasciarci bene". Era sera, ero stanco, e rattristato a questo punto. Ho voluto fargli un affronto: gli ho lasciato 10 lire egiziane, il corrispondente di poco più di un euro (un pacchetto di sigarette in Egitto costa circa 7 lire o egybscian baund come dicono loro) e ho dato ordine all'autista di filare via nel momento in cui il grasso e corrotto poliziotto dalla pancia appena riempita cominciava a chiedere spiegazioni sul perché di un così misero "contributo"...
A me è andata bene perché il mio status di "straniero" comunque mi ha consentito in entrambi i casi di scegliere, di decidere se dare o meno l'anelato bakhshish, mancia più che bustarella. Ho pensato però a chi si trova in difficoltà sul serio, a chi necessita di un certificato, di un'autorizzazione, di un ricovero ospedaliero, di un servizio qualsiasi che non verrà erogato se non dietro lauto compenso al funzionario pubblico o poliziotto di turno, visto che quasi qualsiasi pratica deve passare attraverso le locali stazioni di polizia...

Invito chiunque sia interessato a conoscere e capire più a fondo le mille contraddizioni dell'Egitto di oggi alla lettura di Alaa Al Aswany e del suo romanzo The Yacoubian Building, ne esiste anche una stupenda versione cinematografica.

Nel frattempo speriamo che questa rivoluzione in salsa verde sia altrettanto profonda e pacifica che quella tunisina!
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Thursday, January 20, 2011

La Santa e lo Sfigato...

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A sentire la loro attuale versione dei fatti, dovremmo credere che una ancora un po' si faceva suora e che l'altro vive un sano rapporto di coppia così esclusivo con una damina dai principi così ferrei che quasi non gliela fa nemmeno vedere.

I protagonisti, in questi giorni, sono alla ribalta delle cronache nostrane: una è da poco diventata maggiorenne, certi siti internet la definirebbero "barely legal", l'altro è un plurisettantenne con turbe e manie di onnipotenza, molto amato, molto seguito e sopratutto molto votato dagli italiani. E' fondamentale per lui poggiare il sedere su un trono per sentirsi al di sopra di ogni legge e per garantirsi una piena immunità. Il suo regno però comincia a vacillare, dal momento che, nel suo crescente delirio, ha immaginato che questa sorta di immunità-impunità potesse essere estesa, per osmosi forse, a tutti quelli e quelle della sua cerchia. 

Da qualche tempo a questa parte i suoi guai sembrano non finire più, tanto che l'articolo che l'Economist gli dedica il 14 gennaio scorso, comincia così: "Just when it looks as if things cannot get worse for Silvio Berlusconi, they do."

Entrambi sono comparsi in TV nei giorni scorsi. 

Lui si difende attaccando i Pubblici Ministeri, invocando la riservatezza per le utenze telefoniche di un'enorme quantità di ragazze che avrebbero commesso la sola leggerezza di essere ospiti a casa sua; ci avverte che anche a noi, comuni cittadini, potrebbe capitare la stessa cosa: potrebbe essere controllato l'uscio di casa nostra dal quale però, inutile fingere di non saperlo, non entrano né escono centinaia di avvenenti aspiranti soubrette, al momento zoccole in erba

Tutto fuorché "sereno" questo vecchio che cerca di difendersi in televisione, con tanto di tricolore e bandiera dell'Unione Europea alle spalle, che accampa scuse pretestuose per non comparire a difendersi nelle appropriate sedi. Patetico, questo vecchio che oggi è costretto a parlare agli italiani di "Ruby" (non la nomina neppure con il suo nome vero). Indifendibile, questo vecchio che legge e adduce come "prove inconfutabili" le dichiarazioni rilasciate ai propri avvocati da una ragazza appena maggiorenne, dall'infanzia difficile, abituata a mentire per sopravvivere. Scalcagnato, ormai, questo presidente del consiglio dei ministri che appare debole e stanco. Le notti insonni devono essere molte, almeno al pari delle ospiti che sono passate dai sotterranei di casa sua, Villa San Martino, residenza la cui storia gronda già di un crimine orrendo e di un truffaldino passaggio di proprietà. Il potere gli scappa dalle mani ormai e lui cerca ostinatamente di proiettare un'immagine di successo, ieri consumato sciupafemmine, amante delle belle donne, oggi legato da una "stabile relazione affettiva". E' davvero convinto che qualcuno gli creda ancora?

Leinella sua qualità di commediante, a differenza di lui, appare mediocre e poco credibile  intervistata "nel salotto" di una viscida zia travestita da zia che, a quanto sembra, riscuote un discreto successo mediatico. La signora Karima Rashida El Mahroug cerca di commuovere lo spettatore raccontando un sacco di vicende inverosimili: lei violentata all'età di nove anni; lei che, all'insaputa dei genitori, alle scuole elementari, frequenta le lezioni di catechismo impartite da suor pierina; lei che, a dodici anni, si converte al cattolicesimo; lei che ruba una borsetta e la nasconde in una buca scavata vicino all'officina del meccanico di fiducia di suo padre; la prima notte, da fuggitiva, nell'hotel del suo paesino siciliano dietro presentazione, alla reception, di un codice fiscale rubato; il desiderio di diventare carabiniera ma la realtà di ritrovarsi puttana in una stanza del Four Seasons di Milano; il cliente che le regala mille euro senza sfiorarla; i dettagli mal ricordati del ristorante di via Plinio presso il quale lavorava il cui nome cambia due volte in due secondi; lei cameriera e lei cubista; la sua amica che la chiama per andare ad una cena a "fare immagine", il 14 febbraio 2010, e guarda caso si ritrova ad Arcore a "casa del presidente" e tutto il resto. 

Le unghie posticce, i capelli sciolti ma ben acconciati e stirati, le labbra gonfie rifatte, il seno abbondante, le gambe affusolate, i tacchi alti, la psiche di una bimba. Curiosamente: la forte inflessione ispanofona di donna matura, certo non  l'accento di una ragazza vissuta in Sicilia. Evidentemente la traccia di un lungo tempo passato nelle comunità protette insieme ad altre ragazze minorenni latinoamericane, chissà se anch'esse strappate allo squallido mondo della prostituzione. Il velato risentimento contro gli psicologi che la seguivano soltanto perché "pagati per farlo", non per un vero e genuino interesse nei suoi confronti.

Entrambe le disperate apparizioni televisive (che mi sono sorbito integralmente) sono un rivoltante misto fritto di menzogne poco convincenti, di numerose contraddizioni, di sfrontatezza nei confronti degli spettatori (evidentemente considerati dei miseri imbecilli), di pochezza intellettuale e di aridità e squallore interiori.

Sarebbe troppo degradante entrare nel merito degli altri inquisiti e coinvolti,  mi sento già abbastanza sprofondato nella melma per questa sera, rilevo solo lo stupore nel constatare che il presidente della Regione Lombardia, il signor Roberto Formigoni, minimizza i gravi fatti emersi a carico della consigliera regionale. Lui cattolico dichiarato non si scandalizza?

Discutendone oggi mi sono sentito dire: "ce l'hanno fatta i tunisini a mandare via il loro presidente corrotto e liberticida, è possibile che non ci riusciamo noi?". E il paragone fatto con la Tunisia è più profondo di quanto non possa sembrare di primo acchito: sia Ben Ali che Mister B. godettero infatti dell'intercessione del Benedetto Craxi per spianare la strada ai loro troni.

Evidentemente noi italiani non siamo ancora abbastanza maturi per scendere in piazza a reclamare rispetto e dignità. 
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Monday, January 17, 2011

Ancora uno sfogo...



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Quel manipolo di giovinastri ideologizzati, sempre pronti a far manifestazioni contro Israele e in favore dell'angustiato popolo palestinese, dov'è finito ora? Ora che è caduta una dittatura, ora che un despota sanguinario come Zine El Abidine Ben Ali è scappato come un topo a rifugiarsi in un altro paese noto per il rispetto dei diritti umani. Perché non c'è nessun sinistrese di turno che inneggia alla fine dell'oppressione per i nostri fratelli tunisini? Forse perché è nostro fratello soltanto chi è "oppresso" da uno stato democratico i cui confini e la cui stessa esistenza furono e sono oggetto di molti conflitti con i paesi limitrofi? Perché i ben intenzionati di casa nostra quando si parla di arabi oppressi invocano libertà, pace e giustizia solo per i palestinesi? 

Con la scusa di respingere il fondamentalismo islamico l'Occidente ha continuato fino al 14 gennaio 2011 ad ignorare o tutt'al più a sorvolare sulla questione delle libertà fondamentali per tutti i cittadini dei paesi arabi. L'essere tiranneggiati, perseguitati e sterminati  era visto nei loro confronti come un "collateral damage": popoli così a rischio di cadere dalla padella dei dittatori (scelti, formati e insediati dalle democrazie dell'Occidente) alla brace dei non meno odiosi islamisti brutti e barbuti (così restii, ufficialmente, a farsi ammaliare dalle promesse dei consumi sfrenati e del capitale). 

I giovani tunisini, dai loro blog, da facebook, da twitter e compagnia, ci hanno accusato di essere stati non solo troppo tolleranti ma anche complici, noi occidentali, di quel regime liberticida che fino a qualche giorno fa li ha soffocati, li ha umiliati. Io do loro pienamente ragione. 

Ha fatto troppo comodo fino ad oggi, per ragioni di convenienza economica e mercantilista, tenere gli occhi chiusi di fronte al terrore e alla repressione subiti da chiunque in Tunisia osava alzare la voce. Le prigioni di Marocco, Algeria, Libia, Egitto, Giordania e Siria sono piene di innocenti e noi, del cosiddetto civile Occidente, accogliamo i loro capi di stato con tutti i crismi, ci lasciamo incantare dalla bellezza  un po' fatua di Rania di Giordania: che tanto fa per le donne e per i bambini del suo paese mentre il marito ordina di torturare e ammazzare chiunque metta in dubbio le legittimità del suo potere. Nessuno venga a raccontarmi che queste belle regine, sceicche e first lady ignorano i metodi brutali dei loro mariti.

Ricordo come fosse ieri, ero a El Mahdia, le urla di una madre quando le fu detto che suo figlio era stato arrestato per aver criticato il signor Ben Ali, per essersi lamentato di non trovare un lavoro mentre stava seduto ai tavolini di un bar. Un anno e mezzo di galera per cominciare, poi si sarebbe visto, a seconda della bravura degli avvocati che la famiglia si sarebbe potuta permettere. E Khaled che aveva paura di parlare male del presidente persino i mezzo al deserto? Sussurrava temendo vi fossero spie anche lì a centinaia di chilometri da qualsiasi centro abitato! Tale era il terrore.

Forse è arrivato il momento di smettere di pensare a Marocco, Tunisia e Sinai come fossero un unico grande club med che ci aspetta nei mesi caldi soltanto quando ci viene voglia mettere le nostre chiappe al sole. 

Quando ci fermiamo a contemplare l'orizzonte e sotto i nostri occhi si stende il Mediterraneo, placido e familiare, riflettiamo: "l'origine della nostra visione del mondo, del nostro gusto di vivere, del senso che diamo alle cose, dell'umorismo con cui le affrontiamo", unisce e non separa noi, Sud dell'Europa, a loro, Nord dell'Africa. I giovani tunisini hanno mostrato un coraggio e una dignità che, dalle nostre parti, da tempo non si vedevano. Questo va loro riconosciuto, augurandoci inoltre che la vita che molti di loro hanno sacrificato non sia stata sprecata. E che nessuna canaglia, con la complicità dell'Occidente, possa nuovamente oscurare il loro futuro e i loro sogni. 
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Saturday, January 15, 2011

La rivoluzione dei gelsomini...

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Ogni tanto, durante il mio prolungato soggiorno tunisino, mi furono offerti, a volte spuntando proprio dal nulla, dei graziosi mazzetti di gelsomini. Oltre che segno di gentilezza, è una maniera tutta maschile, in Tunisia, per far capire al visitatore che si è conquistato la simpatia e l'affetto del suo ospite. Di norma non vi sono implicazioni sessuali di alcun genere in quest'offerta e anche il più virile degli uomini, se la giornata gli sorride, potrà portare al lato dell'orecchio il suo mazzolino di gelsomini. A sinistra se è già sposato a destra se deve ancora coronare il suo sogno d'amore che ama immaginare "in un giardino recintato da mura, tra cui si mescolano oltre ai gelsomini dall’acuto profumo, gaggie, melograni, alberi da frutto (ormai scomparsi da noi), come quelli di sorbe, di azzeruole e delle dolcissime giuggiole".

Ma il sogno di oggi in Tunisia è un altro, è quello di "distribuire gelsomini ai poliziotti, chiedendo loro di proteggere i manifestanti e di non attaccarli", con tutto ma proprio tutto il cuore vorrei che i tunisini arrivino a poter testimoniare la loro versione, botanicamente aggiornata, di Rivoluzione dei garofani e dimostrare che un paese arabo può essere anche un paese democratico.

Per ora si può solo sperare però, e vigilare affinché quello che è stato un movimento di rivolta pacifico della società civile tunisina si trasformi adesso in una progressiva esperienza di libertà e di cammino pacifico verso uno stato di diritto. 

Sconcertante rimane il silenzio a tutt'oggi del nostro ministro Franco Frattini (che sinora aveva solo indegnamente espresso sostegno al governo di Ben Ali) e di quasi tutto il mondo politico italiano, a destra come a sinistra. Si parla di Mediterraneo, di Euro-mediterraneo finché fa comodo, si ricevono a Milano, durante forum e convegni farsa dai nomi altisonanti, i dittatori di questi paesi con i quali i nostri governi hanno finora fatto affari, ma adesso tutti hanno perso la favella, preferiscono tacere. 

* * *  doveroso inciso craxiano * * *

Certo tutti tranne lei, la nostra sotto-segretaria agli esteri, Stefania Craxi, sorella del nostro ex sotto-segretario agli esteri, Vittorio Michele Craxi, nonché figlia del nostro defunto latitante per eccellenza, che con vergogna cito: "Mi pare che siamo di fronte ad una nuova svolta storica in Tunisia. Il presidente Bourghiba venne destituito a seguito di un golpe militare, il presidente Ben Ali è stato costretto a lasciare il Paese per via di una sollevazione popolare. [...] Io credo che la storia ridarà al presidente Ben Ali i meriti del presidente Ben Ali, che comunque ha consentito in questi anni al Paese di avere uno sviluppo economico, un progresso civile e sociale." Più o meno gli stessi meriti attribuiti a suo padre, a cui il signor Ben Ali ebbe il buon cuore di offrire rifugio durante la lunga latitanza. Questo la signora non lo dice, ma la riconoscenza la si legge fra le righe. 

Fu proprio ai tempi di Benedetto Craxi e di Giulio Andreotti, come testimoniò in modo inequivocabile il capo del Sismi, Fulvio Martini, alla commissione stragi del Parlamento il 6 ottobre 1999 che: «Negli anni 1985-1987 noi organizzammo una specie di colpo di stato in Tunisia, mettendo Ben Ali alla presidenza e sostituendo Bourghiba, ormai senescente, che voleva fuggire». Lo scambio di cortesie continua... 

E se Benedetto Craxi, grande uomo di stato (vi consiglio di non perdere questo video), era un esule politico, e il governo di Tunisi non rispose mai alle ripetute richieste di estradizione in quanto riteneva la posizione “dell’illustre ospite estranea all’ambito di applicazione della Convenzione italo-tunisina del ’67″, perché oggi il Brasile non dovrebbe sentirsi libero di sfregiare l’onorabilità del nostro sistema giudiziario? 

* * * fine dell'increscioso inciso * * * 

Il segretario generale delle Nazioni unite, Ban Ki-moon, ha fatto appello a una «soluzione democratica» dopo la fuga di Ben Ali, ed ha esortato «tutte le parti in causa a risolvere i problemi pacificamente e legalmente, con l'obiettivo di rispondere alle rivendicazioni e lavorare su una regolamentazione democratica che soddisfi le aspirazioni del popolo tunisino». Anche l'Unione Europea ribadisce la sua «disponibilità a contribuire a trovare soluzioni democratiche durature». «Vogliamo esprimere il nostro sostegno al popolo tunisino e alle sue aspirazioni democratiche, che devono essere realizzate in modo pacifico», scrivono in una nota l'Alto rappresentante per la politica estera europea Catherine Ashton, e il commissario all'Allargamento Stefan Fule.

Nel mio piccolo, auguro che i recenti fatti di Tunisia abbiano un benefico "effetto domino" per tutti i cittadini di Nord Africa, Vicino Oriente e paesi del Golfo, che siano di monito per i dittatori che ancora pensano di poterla fare franca e che anche gli estremisti islamici capiscano che la festa sta per finire e desistano nel pensare di poter rappresentare l'unica opposizione a queste dittature. I contorni della situazione attuale sono ancora molto incerti, ma voglio sperare che, almeno per la Tunisia, ora, nulla torni ad essere come prima, che le generazioni di oggi possano presto dimenticare una giovinezza vissuta all'ombra di Ben Ali.
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Photograph (c) Ap
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Consiglio per chi ha ancora voglia di leggere questo bel post.
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Things in common...?



                      Fuori due!                Fuori tre ...            Fuori uno!
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Guai, cravatte e chirurgo plastico...
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Thursday, January 13, 2011

Un colpo in testa...

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...lo avrà sentito anche il nostro ministro mentre l'operatore di video-riprese Claudio Rubino (di TG3 Rai) veniva preso a manganellate? O forse, sotto sotto, se lo aspettava? Questo comunque è stato il ringraziamento all'Italia che fino a ieri, sempre per bocca del suo ministro, sui fatti che stanno scuotendo il Nord Africa, esprimeva il sostegno «con grande forza agli impegni del governo algerino e tunisino per riportare la calma» in una situazione che non ha nulla di politico ma è malauguratamente determinata «dall'effetto di una speculazione globale sui prezzi dei prodotti alimentari»

Interessi e speculazioni del nostro paese sono troppo grossi per esprimersi contro le dittature in questione, quindi mentre l'Unione Europea ribadisce la sua ferma condanna per l'uso "sproporzionato" della forza fatto dalla polizia in Tunisia, i nostri giornalisti le prendono di santa ragione nel tentativo di non farsi sequestrare la telecamera... 

...e mi raccomando il nodo alla cravatta sempre ben stretto!
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