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Dopo una spruzzata di neve, piove questa mattina presto a Milano e sembra che sia tornato l'autunno a Natale. Non è di neve, di freddo, di nero, di grigio che scrivo.Scriverò di sole, di brezza, di mare, di luce, di bianco, vi parlerò di Algeri.
Algeri l'ho vista, con i miei occhi, attraverso gli occhi di Nadir Moknèche e del suo superbo film "Délice Paloma", del 2007. 134' minuti di donne, di colori, di freschezza, di sapori e di sotterfugi mediterranei. Di uomini, di corruzione, di musica e di poesia.
Una donna imponente, una lunga treccia scura le cade sulla spalla, un cagnolino di pezza in mano, e un piccolo sacco di tela. Poche parole e l'ufficiale (donna) del penitenziario la lascerà uscire:
"J'espère que ton séjour en prison c'est bien passé. Bon: volià les bijoux, voilà le sac. Verifiez!... Sache beb sac ta'ka".
Fuori di galera. Tre anni dopo. M.me Aldjéria. Sola si incammina verso la sua nuova vita ricordandoci quella di un tempo. Quella in cui tutto quello che faceva, lo faceva per cambiare vita...
M.me Aldjéria è una donna forte, ragazza madre, oltre che di suo figlio Ryadh si occupa anche di Mina sua sorella sordo-muta e di Shéhérazade una prostituta che sogna di cambiare vita. Quindi tanti sono i suoi pensieri e le sue preoccupazioni. Di professione Aldjéria ha deciso di occuparsi dei guai degli altri e di risolverli, dietro lauto compenso. Ogni mezzo è lecito: piccoli imbrogli, raggiri, trappole, corruzione. Nonostante ciò lo spettatore solidarizza con lei, perché Aldjéria quello che fa lo fa con spirito, ironia e senso di responsabilità.
Le immagini di Algeri nel frattempo scorrono, un tassista abusivo ci porta dalla periferia al centro città, dal presente al passato, verso l'immeuble Lafayette, dove dal terrazzo del suo appartamento, al diciassettesimo piano, Aldjéria conduce i suoi affari e la vita dei suoi cari, cercando di dominare su tutto e tutti.
1995: nel pieno degli anni più bui del terrorismo, ai giardinetti del vicino Marché Nelson, Zouina incontra Zineb, così si chiamano in realtà Shéhérazade e Aldjéria, che costrette a "far sognare" gli uomini abbandonano i loro nomi per dei nom de scène. E così nasce l'Agenzia "Madame Aldjéria vous arrange ça", che vede come associati, oltre a Zouina, il figlio stesso di M.me Aldjéria e Maitre Djaffar, un avvocato che si presta a "giocare con la legge" ovviamente per favorire gli affari della padrona.
Algeri la vediamo splendere di giorno e luccicare di notte nel chiuso dei suoi postriboli e dei suoi locali più in voga. Cheb Rafik conduce le serate al Miami e lentamente scivoliamo nei meandri del demi-monde che la capitale, come ogni capitale, richiama a sè, nei suoi night club.
Tutto cambia quando Paloma danza per Ryadh sulle note della mitica Youm Wara Youm interpretata da Samira Said e Cheb Mami.
Algeri la vediamo dall'alto, da dentro e da fuori. Dal mare persino, presso myzwar, il decaduto R.U.A (Racing Universitaire d'Algérie) dove un passeur complotta e gestisce il suo giro di crociere della disperazione dalla costa sud del Mediterraneo alla costa sud della Sicilia, che è sempre sud ma almeno è Shengen... Qui Luchino Visconti girò la scena dell'incontro fra Meursault (Marcello Mastroianni) e Marie (Anna Karina) ne Lo Straniero (1967).
Della storia di più non racconterò perché il mio è un'invito a vedere questo film che racconta di sogni di donne. Una cerca di recuperare il mondo perduto della sua infanzia, vuole tornare alle origini. Un'altra, M.me Billil, sogna il divorzio e la vita con uno più giovane che possa darle un figlio. Baya, "je ne suis pas du matin...", sogna un visto per la Spagna e intanto si prostituisce. Shéhérazade è stanca e sogna di sistemarsi, ce la farà ad avere un marito e una coppia di gemelli. Ma non sarà felice, costretta a vestirsi da corvaccio. Paloma sogna la danza, pare ingenua, ma sa bene quanto vale e non perderà tempo a cogliere l'occasione giusta.
E gli uomini mi chiederete? Monsieur Billil è integro ma prima, vittima del tradimento di sua moglie, poi di quello che lei stessa architetta per lui: "maintenant il faut mettre le feu là haut" sono le istruzioni per farlo sorprendere fra le braccia di una più giovane. Ryadh è debole, sogna di ritrovare suo padre, e fugge lo strapotere materno solo perché soccorso dalla vera e propria incarcerazione di sua madre. L'avvocato Djaffar si gode la vita e i bei ragazzi, prima di tutto però pensa alla sua pelle. L'ex Ministro per i Diritti Umani e della Solidarietà è un bel drittone che ancora non disdegna bustarelle. Dal tassista abusivo, dal cassiere del cinema AlHambra e dal padrone del Miami trasudano quella simpatia e quella sfacciataggine a cui molti e molte non sanno proprio resistere.
A fine giornata, sola, ancora, M.me Aldjéria se ne torna a casa, a piedi. E sogna di Ryadh e Paloma di cui ha perso ormai le tracce. Delle bottiglie di birra in mano non le permetteranno di salire su un altro taxi.
Nadir Moknèche oltre a regalarci delle immagini meravigliose riesce con estrema naturalezza a mostrarci Algeri, e l'Algeria di oggi (suggestivi sono gli scorci di Fouka e di Tipaza) nella loro più assoluta contemporaneità e conradditorietà. L'islamista barbuto e insicuro di sè che sposa l'ex prostituta, l'avvocato belloccio che vive quasi apertamente la sua omosessualità, la moglie del ministro che non si fa problemi ad amoreggiare con un ragazzo molto più giovane di fronte al marito che si salva d'imbarazzo con una semplice battuta e così via. Nadir Moknèche non ha nemmeno paura di accennare all'argomento dei disparus.
E' durante un fine settimana franco-algerino nel gennaio scorso a Parigi che A.B.A., non sapendolo, mi ha fatto vedere il film che oggi eleggo mio "miglior film del 2009".