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...la sua dolcezza le sue gentili espressioni, i suoi modi di dire. Come allora mi aveva conquistato, nuovamente mi ha catturato ma ancora una volta vi ho dovuto rinunciare. Non per sempre sia ben inteso, ma “...fino a quando l’innamorato avrà pazienza? Prolungata si fa abbandono la lontananza...” Per chi stesse pensando a lui: snello, chiappe sode e ventre piatto, be’ toglitelo dalla testa, io sto pensando all’arabo colloquiale parlato in Siria, i maschi per ora non c’entrano. È da quasi tre mesi che cerco di non ascoltare, di non captare quanto viene “emesso” dai gentili abitanti della terra che mi ospita, il tunisino è uno strazio per le mie orecchie, mi rifiuto di apprendere a parlare questa lingua gutturale, grezza, che pare frantumata, selvaggia, poco mi importa quale sia la causa, il sostrato bebero o beduino..., loro parlano e io soffro! C’è però chi mi consola... l’adhan ( أذان o "la chiamata alla preghiera") come lo scandisce lui nessuno... certo si tratta di arabo letterario, tutta un’altra cosa e il minareto della moschea sta proprio di fronte alla finestra della mia camera. Questo mueddhin ( مؤذن ) sa di avere un tocco in più e infatti ho notato che per non far confondere la sua voce con quella degli altri inizia sempre un po’ prima o un po’ dopo il dovuto, così è sicuro che il suo canto si distingua dall’altrui gracchio! Mi diverto ad imitarlo e modestamente ci riesco abbastanza bene tanto che il mio ignorante coinquilino mi ha detto che potrei fare l’imam...
ٳن شاء الله
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Monday, January 29, 2007
Saturday, January 20, 2007
Il fascino indiscreto della medina.
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Dopo alcuni giorni di assoluta clausura, ci si ammala in Africa come altrove…, sono finalmente uscito per strada, come dire mi hanno riaperto l’ossigeno, perché la vita qui è solo quella che si passa in strada, in casa si sta per ragioni meramente funzionali e soltanto per il tempo strettamente necessario. Mi hanno fatto un certo senso i volti nei quali mi sono imbattuto, ai quali mi ero assuefatto, tutto materiale di studio per il sig. Lombroso, perché i vicoli della medina pullulano di mala… Se ne stanno accucciati su un marciapiede, si appoggiano a una parete scrostata o, sempre in coppia, deambulano senza una meta precisa. Il più delle volte non mi vedono nemmeno, il loro sguardo, che pare tanto truce, in realtà non cela niente: resti di cavolo, bestioni maschi il cui più alto pensiero è come fare a procurarsi la prossima sigaretta (qui, su richiesta, le vendono singolarmente!) o il prossimo caffè. In verità il più delle volte non sono nemmeno dediti ad alcun malaffare, se ne stanno lì solo perché non hanno voglia di fare niente… la pigrizia alla quale sono costretti, in parte è indotta (by the ruling class, hard as it may seem to believe…) in parte ormai è anche tanto amata! Non li degno più di uno sguardo questi bestioni…
Non è solo botteghe però, garzoni e putridi vicoli la medina: c’è una città sopra la città, che vive di sole, antenne e minareti: è quella che appartiene ai gatti, ai panni stesi, alle donne e che si contrappone al lato oscuro e bruto del mondo ma(s)chile di qui. Questa seconda realtà sfugge il più delle volte al visitatore di passaggio, che al massimo, quando è sprovveduto, accetta l’invito del venditore di turno, ad inchianare in tutta fretta sul tetto del suo negozio, senza immaginare che poi per questa breve boccata di luce dovrrà pagare un pedaggio! Io, su un tetto, a Tunisi, ci abito. Lo ho scelto andando incontro a qualche svantaggio: la casa è vecchia, quasi trecento anni, piena di crepe, piene di bestioline probabilmente…, la ‘’femme de ménage’’ è un po’ ladra, (come i proprietari e l’amministratore, del resto, che mi hanno chiesto una cifra assurda per poter vivere quassù) e sopratutto pulisce poco, il portiere è furbo e scansafatiche, come tutti i portieri che si rispettino, e anche a suon di mance, e io sono di norma generoso con la servitù (but one can tip too little as well as too much), non fa mai una mazza di quello che gli chiedo…, giornalmente sono costretto ad interagire con alcuni dei bottegai vicini, per ragioni di bon voisinage e in più tutti i miei movimenti sono facilmente osservabili e sempre osservati… ebbene, questi ed altri inconvenienti sono ripagati dalla generosità del sole che quassù ha tutto l’agio di riversarsi nella mia stanza, dai saluti che scambio con qualche ragazzina che, lontana da sguardi indiscreti, fa i compiti sul suo terrazzo, dalla vista e soprattutto dalla pace assoluta, perché qui i rumori della città non ce la fanno ad arrivare e ve ne sono altri: qualche gallo che strilletta, i gatti che si azzuffano e immancabili il venerdì le prediche dell’imam che telediffuse in diretta dagli altoparlanti del minareto si intromettono nella vita di tutti… Sull’originalità della sistemazione che ho trovato aggiungo che si tratta dell’antica residenza di un ricco commerciante risalente, nella sua pianta attuale, alla metà del XVIII secolo, oggi è trasformata in una specie di museo, più pomposamente denominato Istituto di Alta Cultura, che ovviamente, grazie a inghippi e intrallazzi varii, gode delle generose sovvenzioni di due dei nostri ministeri… E’ finemente decorata e ha più corti interne, fresche d’estate, un po’ inutili ora che è inverno. Le camere sul tetto devono essere un’aggiunta dei primi del ‘900, per ospitare i forestieri sicuramente ma di più non saprei dire.
Quello di cui sono certo è che di trame, decisioni e condanne segrete, questi muri ne devono avere sentite tante. La sera la casa è avvolta dall’oscurità e le colonne del portico, i passaggi da una stanza all’altra, le alte volte costituiscono lo scenario ideale per sedersi in un angolo e, rimanendo totalmente inosservati, sorprendere il discorso sussurato di chi crede essere solo.
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Il cortile della mia casa a Tunisi, qualche tempo prima che ci andassi ad abitare
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