The world may be known Without leaving the house;
The Sky may be seen Apart from the windows.
The further you go, The less you will know.

Monday, April 23, 2007

Una mappa un po’ speciale…

'
Prima o poi, fra le mani, anche questa mi doveva capitare di cartina. Una cartina che non si compra in libreria e che non si trova nemmeno nella più fornita delle biblioteche. È una cartina come tante zeppa di segni, alcuni luoghi risaltano più di altri, alcuni punti sono contrassegnati da una croce. Nel calcare sulla carta si è creato un taglio, altri posti sono così insignificanti che non c’è neanche un nome per identificarli, il nome di diverse località invece è sbiadito: le lacrime accanite cadendoci sopra, implacabili… È la cartina di un viaggio esclusivo, unico, in barba a tutti gli itinerari di offerte e proposte delle agenzie viaggio, è la cartina del mio personalissimo viaggio perché tutti nascendo ne tracciamo una, volenti o nolenti. C’è chi nasce e non si muove dalla Cascina Rosina (detta anche “La Porella”) o chi da lì compie il viaggio della sua vita e si sposta al Fornasotto di Caronno Pertusella, qualche chilometro più in là per accrescere il suo status di Presidente di Ong… c’è chi invece può vantare bandierine nei cinque continenti, non è il mio caso, almeno per ora. Abituato a lasciarmi incantare dalle grandi pagine degli atlanti, questa cartina non la scruto spesso perché mi fa paura, ecco sì mi spaventa questo viaggio presente e passato, impresso chissà dove dentro di me che non sono esperto di incursioni nell’io di un’esistenza al margine. Nella mia fuga verso sempre nuovi altrove non ho fatto altro che ingigantire questo enorme foglio, aggiungendovi nomi, nomi, nomi di luoghi ai quali spesso si associano nomi di persone, il più delle volte nomi di cani. È intricata adesso questa mappa di dolore e con difficoltà mi ci oriento, ma un’uscita di emergenza c’è sempre no, e io la devo trovare.


'
'

Thursday, March 08, 2007

Douz, un'escursione dall'oasi

'
“Se arrivate a Douz in un pomeriggio estivo, quando regnano il caldo e il silenzio, vi chiederete perché siete venuti fin qui. Resistete però alla tentazione di andarvene con il primo louage in partenza, perché questo posto non ha eguali in Tunisia: cercatevi un posto all’ombra e riposatevi, come tutte le città del deserto, anche Douz si risveglia solo alla sera quando una brezza fresca richiama la gente nelle vie; e sono proprio i suoi abitanti una delle bellezze di questa città, popolazione del deserto per la quale la gentilezza e l’ospitalità sono priorità irrinunciabili.” Così recita la Lonely Planet alla voce Douz. Città poco conosciuta, sicuramente meno nota della vicina Tozeur e mille volte più autentica di questa, per quanto “autentico” possa essere ormai un qualsiasi luogo sul nostro pianeta, infestato com’è di lonely travellers…, a Douz ci sono arrivato di pomeriggio e mi sono ritrovato a disturbare proprio quella quiete, quell’assenza di movimento che a noi occidentali viene rivelata ma che raramente, se non mai, potremo conquistare e vivere dentro di noi, that Peace that passeth Understanding… (detto tra parentesi: alcuni sciagurati, sedicenti artisti, anarcoidi e sinistresi dell’emisfero sviluppato pensano di poterla raggiungere facendosi qualche canna, il loro cervello in realtà è bruciato già da prima ed è un’assenza di materia grigia che affligge le loro vite…), lasciatomi rapire (non come certi giornalisti alla moda però…) per svariate settimane ci ho messo le tende a Douz. La vita nell’oasi, indietro nel tempo e lontano da ciò che conosciamo ci affascina; ci seducono i suoi ritmi e i suoi abitanti, apparentemente anch’essi lontani dalle isterie del nostro mondo. I sapori dell’oriente e il profumo delle spezie ci stregano… ma state in guardia cari lettori e non solo contro i rischi di una brutta epatite! La vita nell’oasi ha i suoi svantaggi. Nel cercare di far parte di questa comunità la prima cosa alla quale si deve rinunciare è la propria vita in quanto individui. È un po’ difficile da spiegare: si resta sempre liberi, liberi (in quanto forestieri) prima di tutto di andarsene, ma entrando nella comunità, non si è più uno, si diventa solo uno dei tanti membri: il mio tempo, il mio sapere, la mia esperienza, le mie cose, il mio denaro iniziano ad appartenere anche a tutti gli altri membri della comunità, e tutto questo non è il frutto di teorie applicate, è e basta. Per un po’ può fare comodo essere il membro di un gruppo: non si deve pensare a nulla, ci si svuota di tutte le ansie, everything is provided…, a lungo andare però questa assenza di individui, questa gente generica a cui non è permesso di istruirsi, di differire, di spiccare, pena l’espulsione dal gruppo, si ritrova nel bel mezzo di un’enorme pozza di mediocrità, di stenti e di miseria intellettuale ed è qui che questo comincia a fare comodo ad alcuni pochi che fanno di tutto affinché nulla cambi. Perdonate il mio divagare, dalla vita nell’oasi sono passato a descrivere la vita nel mondo arabo-islamico, che sia diventato un sociologo del calibro dell’Alberona? Sto per andarmene da qui ed è stata proprio la mancanza di libertà di espressione la cosa che di più mi è mancata in questi mesi, neanche nel chiuso di quattro mura o fra le sconfinate onde di dune del deserto si può parlare, il rischio è sempre in agguato, un anno e mezzo di galera per aver parlato male del presidente Zine Abdine Ben Ali ho assistito con i miei occhi al momento dell’arresto e alle urla disperate della mamma mediterranea: “wuhad sa’a u nus, wuhad sa’a u nus!” (un anno e mezzo un anno e mezzo!). Per di più gli arabi (ma quanto sangue arabo c’è dopotutto in un tunisino o in un marocchino…?) sono molto suscettibili e un po’ schizofrenici, loro rimpiangono le loro radici pre-islamiche, loro si possono lucidamente lamentare dell’attuale condizione in cui versa la totalità dei paesi arabi, della mancanza di democrazia, della corruzione dilagante etc. ma raramente permetteranno a un non musulmano di fare altrettanto: scatta un meccanismo di difesa del clan, della razza… ma lascio agli esperti sociologi la parola, che io sono un ignorante di queste cose e non ho letto nulla in merito. Dei rispettabili tunisini mi dicono che loro, in fondo, stanno comunque bene così, il loro dittatore, non è poi così malaccio (rispetto ad altri paesi arabi qui si gode di un relativo benessere economico, di un diffuso grado di sviluppo e di istruzione, le donne sono cordialmente invitate a non fare uso dello hijab…) potrebbe sempre andare peggio. Guardano al Libano, all’Iraq e all’Iran per citare pochi esempi e ringraziano Allah.
'

Friday, March 02, 2007

Tunisian boys: a tribute and a tear...

'
Mi piacciono i capelli corti corti, le ciglia folte, gli occhi scuri, la pelle liscia color oro, la bocca sempre larga, i denti bianchissimi e il sorriso perenne. Il collo forte, il corpo asciutto, il sedere sodo, i piedi grandi. Mi piacciono, che ci posso fare? Hanno la testa vuota, è per questo che sono belli, molto spesso fumano e non hanno NULLA in comune con me. E non c’è nulla che io abbia in comune con loro, è per questo che mi piacciono. Riflettono in ogni istante l’amore ricevuto in grande copia, senza riserva o benché minima interruzione, dalle loro madri e dai loro padri e dalle loro nonnne e da i loro nonni. Lo riflettono perché in esso si sono sempre rispecchiati e questa è la loro unica certezza: che l’amore c’è e che loro ne hanno diritto comuque e sempre e che non verrà loro mai a mancare, che ormai ne hanno pure grandi scorte. A differenza della quasi totalità dei turisti uomini singoli provenienti dalla vicina Europa io durante questi tre mesi non ho mai fatto sesso con un ragazzo tunisino, sebbene molti di loro si siano dimostrati più che esplicitamente disponibili. La ferita è aperta e io parlo di farfalle e le farfalle non interessano a nessuno. Più avanti vi diro’ forse altri perché.
'

Monday, January 29, 2007

Come mi manca il siriano…

'
...la sua dolcezza le sue gentili espressioni, i suoi modi di dire. Come allora mi aveva conquistato, nuovamente mi ha catturato ma ancora una volta vi ho dovuto rinunciare. Non per sempre sia ben inteso, ma “...fino a quando l’innamorato avrà pazienza? Prolungata si fa abbandono la lontananza...” Per chi stesse pensando a lui: snello, chiappe sode e ventre piatto, be’ toglitelo dalla testa, io sto pensando all’arabo colloquiale parlato in Siria, i maschi per ora non c’entrano. È da quasi tre mesi che cerco di non ascoltare, di non captare quanto viene “emesso” dai gentili abitanti della terra che mi ospita, il tunisino è uno strazio per le mie orecchie, mi rifiuto di apprendere a parlare questa lingua gutturale, grezza, che pare frantumata, selvaggia, poco mi importa quale sia la causa, il sostrato bebero o beduino..., loro parlano e io soffro! C’è però chi mi consola... l’adhan ( أذان o "la chiamata alla preghiera") come lo scandisce lui nessuno... certo si tratta di arabo letterario, tutta un’altra cosa e il minareto della moschea sta proprio di fronte alla finestra della mia camera. Questo mueddhin ( مؤذن ) sa di avere un tocco in più e infatti ho notato che per non far confondere la sua voce con quella degli altri inizia sempre un po’ prima o un po’ dopo il dovuto, così è sicuro che il suo canto si distingua dall’altrui gracchio! Mi diverto ad imitarlo e modestamente ci riesco abbastanza bene tanto che il mio ignorante coinquilino mi ha detto che potrei fare l’imam...
 ٳن شاء الله
'

Saturday, January 20, 2007

Il fascino indiscreto della medina.

'

Dopo alcuni giorni di assoluta clausura, ci si ammala in Africa come altrove…, sono finalmente uscito per strada, come dire mi hanno riaperto l’ossigeno, perché la vita qui è solo quella che si passa in strada, in casa si sta per ragioni meramente funzionali e soltanto per il tempo strettamente necessario. Mi hanno fatto un certo senso i volti nei quali mi sono imbattuto, ai quali mi ero assuefatto, tutto materiale di studio per il sig. Lombroso, perché i vicoli della medina pullulano di mala… Se ne stanno accucciati su un marciapiede, si appoggiano a una parete scrostata o, sempre in coppia, deambulano senza una meta precisa. Il più delle volte non mi vedono nemmeno, il loro sguardo, che pare tanto truce, in realtà non cela niente: resti di cavolo, bestioni maschi il cui più alto pensiero è come fare a procurarsi la prossima sigaretta (qui, su richiesta, le vendono singolarmente!) o il prossimo caffè. In verità il più delle volte non sono nemmeno dediti ad alcun malaffare, se ne stanno lì solo perché non hanno voglia di fare niente… la pigrizia alla quale sono costretti, in parte è indotta (by the ruling class, hard as it may seem to believe…) in parte ormai è anche tanto amata! Non li degno più di uno sguardo questi bestioni…

Non è solo botteghe però, garzoni e putridi vicoli la medina: c’è una città sopra la città, che vive di sole, antenne e minareti: è quella che appartiene ai gatti, ai panni stesi, alle donne e che si contrappone al lato oscuro e bruto del mondo ma(s)chile di qui. Questa seconda realtà sfugge il più delle volte al visitatore di passaggio, che al massimo, quando è sprovveduto, accetta l’invito del venditore di turno, ad inchianare in tutta fretta sul tetto del suo negozio, senza immaginare che poi per questa breve boccata di luce dovrrà pagare un pedaggio! Io, su un tetto, a Tunisi, ci abito. Lo ho scelto andando incontro a qualche svantaggio: la casa è vecchia, quasi trecento anni, piena di crepe, piene di bestioline probabilmente…, la ‘’femme de ménage’’ è un po’ ladra, (come i proprietari e l’amministratore, del resto, che mi hanno chiesto una cifra assurda per poter vivere quassù) e sopratutto pulisce poco, il portiere è furbo e scansafatiche, come tutti i portieri che si rispettino, e anche a suon di mance, e io sono di norma generoso con la servitù (but one can tip too little as well as too much), non fa mai una mazza di quello che gli chiedo…, giornalmente sono costretto ad interagire con alcuni dei bottegai vicini, per ragioni di bon voisinage e in più tutti i miei movimenti sono facilmente osservabili e sempre osservati… ebbene, questi ed altri inconvenienti sono ripagati dalla generosità del sole che quassù ha tutto l’agio di riversarsi nella mia stanza, dai saluti che scambio con qualche ragazzina che, lontana da sguardi indiscreti, fa i compiti sul suo terrazzo, dalla vista e soprattutto dalla pace assoluta, perché qui i rumori della città non ce la fanno ad arrivare e ve ne sono altri: qualche gallo che strilletta, i gatti che si azzuffano e immancabili il venerdì le prediche dell’imam che telediffuse in diretta dagli altoparlanti del minareto si intromettono nella vita di tutti… Sull’originalità della sistemazione che ho trovato aggiungo che si tratta dell’antica residenza di un ricco commerciante risalente, nella sua pianta attuale, alla metà del XVIII secolo, oggi è trasformata in una specie di museo, più pomposamente denominato Istituto di Alta Cultura, che ovviamente, grazie a inghippi e intrallazzi varii, gode delle generose sovvenzioni di due dei nostri ministeri… E’ finemente decorata e ha più corti interne, fresche d’estate, un po’ inutili ora che è inverno. Le camere sul tetto devono essere un’aggiunta dei primi del ‘900, per ospitare i forestieri sicuramente ma di più non saprei dire.

Quello di cui sono certo è che di trame, decisioni e condanne segrete, questi muri ne devono avere sentite tante. La sera la casa è avvolta dall’oscurità e le colonne del portico, i passaggi da una stanza all’altra, le alte volte costituiscono lo scenario ideale per sedersi in un angolo e, rimanendo totalmente inosservati, sorprendere il discorso sussurato di chi crede essere solo.
'
Il cortile della mia casa a Tunisi, qualche tempo prima che ci andassi ad abitare
'